La filosofia rock applicata al ventunesimo secolo: undici brani che nascondono chicche interessanti e molto promettenti.
L'album d'esordio dei The Black Holes Philosophy, band napoletana guidata dal carismatico Luca De Lellis, è una travolgente espressione di rock alternativo che non passa inosservata. Composto da undici tracce, questo disco omonimo si distingue per la sua energia e la sua capacità di fondere influenze diverse in un insieme coerente e accattivante.
Fin dalle prime note, è chiaro che i The Black Holes Philosophy attingono profondamente dalla tradizione del rock. Tuttavia, la band non si limita a emulare i giganti , ma definisce il proprio sound con elementi che pescano in varie epoche e contesti. Un amore viscerale per i Doors è evidente in "Handbook for Troublemakers", un pezzo che cattura perfettamente l'atmosfera psichedelica e ipnotica del leggendario gruppo di Jim Morrison, mescolandola con le sonorità dei più attuali Muse.
Le influenze dei Beatles emergono in tracce come "Candy", "Superhero" e la splendida "Nothing has Changed", dove melodie orecchiabili e armonie vocali ricercate creano momenti di grande intensità emotiva. Il disco non manca di varietà, offrendo anche ballad come "Heaven so High", che richiama lo stile intimista e riflessivo dei The National. Questo pezzo, con la sua atmosfera malinconica e il suo arrangiamento delicato, rappresenta uno dei momenti più toccanti dell'album. A completare il quadro, troviamo "Let Me Go Home", un brano di pop elettronico che si distingue per la sua freschezza e originalità, e che rappresenta uno dei punti più alti del disco.
L'album d'esordio dei The Black Holes Philosophy è un lavoro di notevole interesse, che dimostra la capacità della band di navigare tra diversi stili e influenze con grande abilità e personalità. Sicuramente uno dei progetti più interessanti ascoltati nell'ultimo periodo.
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La recensione The Black Holes Philosophy di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-07-17 19:10:00
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