Rimescolare il calderone del post rock, riassaporarne i sapori di una volta e dosarne gli ingredienti con gusto. Ecco cosa fanno i Flap, al loro secondo lavoro, stavolta per la neonata In The Bottle Records0 (di cui peraltro sono i titolari). La band piace perché ha dalla sua dei riff post rock incalzanti (“Igor”), delle melodie che riscrivono con pochi mezzi il concetto di malinconia in musica (“’700”), e soprattutto una magnifica vena strumentale che è in grado di contaminare la nebbia di Glasgow con i riverberi del mediterraneo (“///0\”). Qua e là spuntano pure Marcella Ricciardi e Paolo Iocca dei Franklin Delano che inseriscono le loro trame country in un contesto dai contorni meno ruspanti e più sognanti di quelli cui eravamo abituati a sentire dalla band di “Come Home”. “A Poor Story” pare insomma un piccolo miracolo. Una mutazione generica del post rock – ancora quella dannata parola – che tutti danno sempre per spacciato ma che, intanto, quando meno te l’aspetti è in grado di sferrare un colpo assassino alle emozioni – e alle coronarie – di chi ascolta. E sono ancora brividi. Chi l’avrebbe mai detto.
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