Un'orchestra di nove elementi suona un disco strambo e sinestetico, dove traspare il senso di disagio verso un pianeta che è impossibile comprendere a pieno
Mutuando il titolo degli intermezzi che dividono le tracce dell’album, NOMEA, il terzo disco della cantautrice ligure Giorgia D’Artizio, è un disco strambo. L’artista – che più che cantautrice, preferisce essere definita cantastorie – è solita esibirsi in una formazione a due, assieme a Freddy Frenzy, membro della North East Ska Jazz Orchestra. La coppia suona principalmente pezzi ska giamaicani e brani in levare. In NOMEA, Giorgia D’Artizio si presenta come solista – anche se solista è un aggettivo che, con questo disco, non ha niente a che vedere. I testi, acidi, fiabeschi, assurdi, sono musicati da un’orchestra di ben nove elementi. E anche alla scrittura, hanno partecipato diversi collaboratori. Alla fine, NOMEA è l’album di un piccolo collettivo, che risponde al nome di Giorgia D’Artizio, ma che è stato scritto, suonato e perfino cantato da una moltitudine di artisti.
NOMEA narra il disagio di vivere in un pianeta ancora lontano dalla nostra comprensione, dove i pensieri intrusivi, le voci interiori in costante dissidio e lotta fratricida, e le proprie identità multiple spesso si manifestano. L’album è composto da quattro brani, un’intro, un outro, e quattro intermezzi (Stramba 1, 2, 3 e 4). Ilchiacchiericcio interiore alla base dell’idea dell’album è reso musicalmente negli interludi: Stramba 1 è un trotto jazzato quasi circense, Stramba 2 è un insieme di risate inquietanti e disturbanti, Stramba 3 raccoglie rumori lontani da film horror, in Stramba 4 voci che esclamano “che cielo pazzesco!” irrompono su un incidere quasi funebre.
Il fulcro del disco sono i quattro brani, intervallati dagli Stramba. Dopo un’intro che sembra un brano di un gruppo vocale, con frequenti armonizzazioni a più voci, arriva L’umile perso, il racconto jazz della storia di una pendolare musicata con ripetuti cambi di tempo, che ricorda inevitabilmente certi brani di Simona Molinari. Sulla stessa linea si sviluppa Chi non c’è non sa, che parte dall’assunto che non esiste crudeltà senza coscienza. Insolita allegria è una filastrocca sincopata che riprende le atmosfere circensi del primo intermezzo, e la title track Nomea insiste e rimarca rime baciate.
NOMEA è un disco che appartiene a un universo specifico, quello jazz-folk, e che difficilmente da lì può uscire. L’intenzione di questo disco, tuttavia, non è certamente quella di diventare un album popolare. È un album che, oltre a possedere sonorità ricercate esaltate da una produzione molto ricca, si serve con intelligenza della sinestesia, per dar vita ai concetti di disagio e dissidio alla base dell'album. Suonato live al completo, sarà un'esperienza da non perdere.
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La recensione NOMEA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-12-08 14:23:00
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