Non sempre avere dei modelli chiari e dichiarati rende gli artisti vittime degli stessi; non sempre far intendere chiaramente i propri fari musicali è un male, se li si sa maneggiare con estrema cura, e soprattutto se si ha un modo preciso di comunicare con le canzoni. Sembra saperlo molto bene Luciano D'Abbruzzo, che torna con un nuovo singolo, Ti Lascio, il secondo del 2024, a cinque anni dall'ultimo disco.
L'andamento del brano è prima di tutto figlio della malinconia irresistibile di Paolo Benvegnù, con le sue chitarre lattiginose e i cori che raddoppiano la voce in modo inappuntabile. Ma ci sono anche dei passaggi armonici che rimandano al tardo Dalla, o a Minghi, per un concentrato di cantautorato preciso e assolutamente credibile, complice soprattutto il saggio lavoro dietro le quinte di Niccolò Fornabaio e Taketo Gohara, che insieme alla penna del cantautore milanese condensano le influenze stilistiche per renderle una linfa vitale.
Nella scrittura di Luciano D'Abbruzzo si sente il rischio, mai mortale ma sempre apprezzabile, nell'uso delle parole, che si concretizza in una serie di azzardi lirici che rendono preziose soprattutto le prime due strofe, prima che il cuore del brano si apra del tutto, si scoprano le intenzioni, e possa finalmente subentrare la commozione. Ti lascio è una piccola gemma di minimalismo malinconico.
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