Suona tutto lui: chitarre, basso, tastiera (didattica, sia chiaro) in grado di evocare il suono delle pelli di una batteria. Nicola Setti in versione one-man band, minimale come d’abitudine, con il suo lo-fi d’ordinanza e tante storie da raccontare (e a culo tutto il resto?). Al mare ha preso vita in quattro giorni sullo sfondo della festa di Halloween dello scorso anno, complice un frantoio di Serra de’ Conti – piccolo (minimale) borgo dell’entroterra anconetano –, teatro, suo malgrado, di una residenza artistica.
Setti non si è perso per strada: ama ancora esprimersi attraverso canzoni amabili e strascicate, suona spesso in modo gentile, costruisce arpeggi acustici delicati e catchy, si confonde tra un’elettricità dal retrogusto sgangherato. Per poi tirare fuori piccole schegge impazzite, così, per il solo gusto di depistarci. L’attacco, per dire: lo strumentale Al di sopra di ogni prende per mano Ennio Morricone, e il riferimento non si ferma al titolo dell’opener. E poi l’arrembante Fa, con il suo chitarrone schizzato, oppure Nord Dakota, che prova a strizzare l’occhio alla dance. Riferimenti? Un po’ Beck, un po’ New Acoustic Movement, un po’ slacker. E tanto altro.
Minimalismo, appunto. Non sarà la parola chiave per districarci tra gli episodi contenuti nell’album, ma siamo lì. Undici brani spalmati in poco meno di trenta minuti: Cazzo, con i suoi quattro giri di lancette abbondanti sembra quasi una maratona se rapportati ai quaranta secondi di arpeggi sgraziati condensati tra le note di Kiwi e banana. Tra un beato minimalismo si perdono anche i testi: il musicista modenese definisce i propri racconti con l’impietoso termine “imbarazzanti”. No, lasciamo da parte la cartella stampa: Setti canta i pregiudizi, la filosofia da bar, gli amori che sfioriscono, lo zio malato, Jessica Fletcher, senza dimenticare di tirare in ballo i pregiudizi, i rimpianti e i cani gay. La normalità, insomma, vista con gli occhi di chi riesce a ancora a sorprendersi, nonostante tutto.
Poco sopra si scriveva che Setti non si è perso per strada: in effetti le sue canzoni sono ancora lì, intente a surfare tra le onde di una semplicità strabordante, che difficilmente poteva restare chiusa all’interno di un frantoio disperso tra le lande marchigiane. Bentornato!
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