Cari Taos, masticate l’hard-rock come Paolo Conte mastica il jazz. Quindi siete esperti della materia, eccome. Suonate con piglio sciolto, viaggiate sui binari del genere a vele spiegate. La voce di Luciano Cerea è padrona della situazione così come lo sono le chitarre di Davide Mantovani e Sergio Faccenda.
Ma purtroppo non riesco ad appassionarmi. Vi ho ascoltato con il rispetto dovuto a chiunque, come voi, si dedichi con passione certosina a replicare nel proprio piccolo le gesta di artisti del calibro di Van Halen e Toto. Ho letto con piacere sul vostro sito che l’obiettivo principale del vostro progetto musicale è il “puro divertimento personale”. Bene, bravi, bis. Ma non basta. E la cosa mi dispiace assai. Perché immagino che la vostra “I want you” sia il cavallo di battaglia durante i concerti, ai quali certamente parteciperanno con gaudio gli amanti dell’hard-rock.
Ma mentre ascolto brani come “Change” non mi vengono in mente avventure spericolate lungo le strade desertiche della California, magari in sella ad una Harley Davidson. Mi viene in mente Leslie Nielsen nei panni del tenente Frank Drebin mentre si lancia con la sua pistola contro i dipendenti scontenti delle poste all’inizio del terzo episodio della saga della “Pallottola spuntata”. Mi viene in mente una parodia, la replica di un modello che sfocia nel ridicolo, o nella risata come in quel caso.
Non me ne vogliate, ma davvero non trovo uno spunto degno di interesse nel rifugiarsi sotto lo scudo protettivo dei propri padri putativi per perpetrarne la lezione in maniera così spudoratamente simile. E’ lo stesso senso di noia che provo nel momento in cui penso a quei pittori che, nel proprio studio, riproducono le tele dei grandi maestri per poi rivenderle come copie dell’originale.
Certo, va detto che un po’ ve la siete cercata con quel titolo, “Surfin’ on emotion”, che contiene in sé una delle immagini metaforiche più fastidiose che possano essere concepite per descrivere un disco o una musica: “Surfando sull’emozione”. No, credo che in troppi si affidino a queste formule molli e comode per tradurre in parola ciò che arriva alle orecchie. E ve lo dico senza quei falsi pudori che sarebbero, questo sì, irrispettosi nei vostri confronti.
E’ con il cuore che mi congedo da voi parafrasando l’immortale Groucho Marx. Perché di solito non dimentico mai un disco. Ma nel vostro caso farò un’eccezione.
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La recensione Surfin' On Emotion di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-06-13 00:00:00
COMMENTI (1)
Caro Matteo, direi che qualcosa di vero nella tua recensione c'è... ma ho anche la sensazione (certezza) che tu abbia ascoltato solamente i primi tre brani... Certo probabilmente è un disco per i "malati" del genere..ma si denota una certa superficialità quando giudichi un disco dal titolo di una canzone, che ha una sua precisa motivazione nel testo della stessa... prima si ascolta poi si giudica !