Tra brani da band e pezzi più intimi, Emma Nolde invita ad abitare un nuovo spazio tempo, dove cambiare angolazione per guardare il mondo intorno
Se smettessi di essere ogni mia canzone non sentirei più in gola questo aroma di assenzio, curerei da sola i lividi del silenzio: cantava così Emma Nolde in Sorrisi viola, traccia conclusiva di Toccaterra, il suo primo album in studio. Quattro anni più tardi, quella specie di preghiera si è, almeno da un punto di vista, esaudita all’interno di NUOVOSPAZIOTEMPO, il suo terzo disco.
Queste undici nuove canzoni possiedono quella rara e preziosa capacità di pizzicare certe corde emotive in modo ruvido e improvviso, con dei piccoli “momenti sussulto”, e quindi, sì, sono Emma Nolde. Al contempo, però, le storie dei brani non sono sempre, e non sono per forza, le sue. Non solo quando sono delle lettere indirizzate a chi osserva intorno a sé, ma anche quando sono narrate in prima persona. Alla fine, i migliori cantautori, quelli che resistono oltre la propria generazione, sono tali per questo: perché sanno raccontare le storie degli altri allo stesso modo delle proprie.
NUOVOSPAZIOTEMPO è il disco della maturità di Emma Nolde: è un album completo e riuscito, che mantiene la promessa di quella giovanissima ragazza che già a vent’anni fu finalista del Premio Tenco come Migliore Opera Prima. Una maturità che deriva non solo dall’ampio spettro narrativo, ma anche, e soprattutto, dalla cura nei suoni e nella produzione. È un album registrato con molti strumenti, e gli arrangiamenti delle canzoni sono estremamente vari, tanto nell’intenzione, quanto poi nella concreta realizzazione. Ci sono pezzi più suonati rispetto ai dischi precedenti, “da band”, come Sconosciuti, Mai fermi o Sempre la stessa storia, dove la chitarra, il basso e la batteria sono protagonisti dall’inizio alla fine.
Ci sono brani in cui gli archi - in particolare, il contrabbasso - sorreggono l’incedere vocale con un’eleganza quasi epica, un po’ come era in La stessa parte della luna. Ci sono poi canzoni con produzioni più scarne e semplici, come Universo parallelo, con un riff di chitarra che si ripete in loop, e una cura del dettaglio speciale (non c’era momento migliore, nei tre minuti di canzone, per far entrare il pianoforte, ascoltatela e sarete d’accordo). E poi c’è il brano conclusivo del disco, 2: come gli epiloghi degli altri due album, anche in questo caso la fine è affidata a un brano essenziale, in presa diretta, nato chitarra e voce in una registrazione sul telefono e così rimasto, in modo che versi come il buio non fa paura, ma ascoltare meglio, ora che siamo in due possano colpire il bersaglio.
Emma Nolde ha raccontato che l’ispirazione per i testi del disco deriva principalmente da tre libri: Il piccolo principe, Lettere a Lucilio di Seneca, e Il silenzio è cosa viva di Chandra Livia Candiani. In modi diversi, tutte e tre le letture rivendicano l’importanza dell’ordinario, che ci definisce, e che quando ci sta un po’ stretto bisogna avere il coraggio di cambiare la prospettiva con cui lo si affronta, più che cambiare vita: animum mutare debes non caelum, diceva Seneca, una frase che, circa duemila anni dopo, nell’epoca del nomadismo digitale e delle scuole di meditazione in Sri Lanka, rimane spaventosamente attuale. E proprio da questo concetto, nasce il pezzo centrale del disco, un sublime duetto con Niccolò Fabi.
Pochi mesi fa, Emma Nolde apriva la data di Fabi Silvestri Gazzè al Circo Massimo, oggi registra un brano della madonna con uno dei protagonisti, a proposito di maturità. Punto di vista, questo il titolo, è un brano dolce, controcorrente, costruito sul togliere anziché sull’aggiungere, che rallenta quando sembra pronto a decollare, e che culmina nella preghiera finale all’unisono: scambiamoci gli occhi e scambiamoci i sensi, scambiamoci ogni cosa che ci faccia stupire, cambiamo angolazioni e modi di percepire, recitano due voci che sembrano create per cantare insieme. Tutt’altra è, invece, l’intenzione dell’altro featuring del disco, Punto di domanda, con Nayt e Mecna, decisamente meno intimo e più radiofonico.
All’interno di NUOVOSPAZIOTEMPO, ci sono brani molto diversi tra loro, nei suoni, nelle intenzioni, negli artisti che vi hanno collaborato. A unire le undici canzoni sono i piccoli e sparsi tratti di identità di Emma Nolde: il timbro della voce sempre più riconoscibile, la struttura in crescendo che a volte si compie e a volte si interrompe, la scelta di alcuni vocaboli o di alcune immagini di cui vi è traccia anche negli album precedenti. NUOVOSPAZIOTEMPO è un album creato con cura, che mette in luce molte sfumature del talento di Emma Nolde, e che ne consolida l’identità. Il tour è in partenza, e non mi farei sfuggire l’occasione di sentirlo suonato dal vivo.
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La recensione NUOVOSPAZIOTEMPO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-11-08 10:53:00
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