Stefano Giaccone e una Torino colpita e affondata.
L’affondamento di Torino è stato pensato, scritto e suonato in perfetta solitudine in uno studio di registrazione situato all’interno del Parco della Giara, al centro della Sardegna. Una fotografia in bianco e nero (copertina docet) della città delle fabbriche, delle sartine, dei "bicerin", dei “fassini stalinisti” e degli “spacciatori di metafore”. Torino rivive i suoi fasti e misfatti attraverso ricordi frammisti a riflessioni, mentre dialoghi interiori, agganci alla storia e al sociale si confondono l’uno con l’altro in un racconto duro, rabbioso e allo stesso tempo malinconico. È la Torino di Stefano Giaccone. Torino che non è New York.
Otto canzoni suonate ricorrendo al minimo necessario: chitarre, un sax, l’aiuto di un computer, suoni e voci da mandare in loop. Ne esce fuori un suono spoglio, senza fronzoli, con la sei corde ad arpeggiare o a rivendicare pretese noise (come inIl nostro deja vu), senza però rinunciare a un’inattesa dolcezza (Fino all’ultimo minuto, presa in prestito da Piero Litaliano, alias Piero Ciampi). L’ex Franti si stringe attorno a una città che non si è fatta mancare nulla: facile tornare ai tempi del ’68, alla nevicata del 1985, a quando i campi nomadi venivano dati alle fiamme. Altrettanto facile citare Beppe Fenoglio, Leonard Cohen, Pier Paolo Pasolini, gli Stormy Six (ai quali è dedicata L’ellepì Al volo): non a caso artisti controcorrente, eretici, non allineati. Fari illuminanti, in special modo per chi ha deciso di proporsi con un album non facile, essenziale, che non fa sconti. Un lavoro da cantautore di altri tempi, forse meno incazzato ma senza dubbio tagliente e politicamente ben definibile. L’affondamento di Torino, oltre a essere rintracciabile in digitale, è stato stampato in vinile, centocinquanta copie in tutto, sotto l’egida della Rubber Soul, etichetta, non a caso, posizionata proprio sotto la Mole.
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La recensione L'affondamento di Torino di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-12-26 18:58:00
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