GINEVRAFemina2025 - Pop, Elettronica

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Il nuovo disco di Ginevra parte da una lunga introspezione per dare voce a storie delicate che prendono corpo nel suo mondo ibrido, sospeso tra momenti eterei e distorsioni improvvise

Femina è il nuovo album in studio di Ginevra, che arriva a due anni di distanza da Diamanti. Nell’esordio discografico, ma anche negli EP precedenti, Ginevra si è rivelata come una creatura eterea, danzante, silvestre. Una clubber delicata, capace di ammorbidire ed ammansire l’elettronica dentro loop accoglienti e mai martellanti. A metà tra un bosco e un locale di Berlino, Ginevra ha creato un immaginario sonoro leggero, softcore, mai invasivo. Femina, invece, mostra l’artista in una voce leggermente diversa.

C’è da dire però che prima di tutto questo, Ginevra è una penna dal talento brillante. Utilizza poche frasi, ben incastrate nella costruzione dei pezzi, precise nella loro metrica, che mentre si ondeggia dimenticando i guai a tempo sui suoi beat ti trafiggono all’improvviso. In Femina l’elettronica e i synth sono sostituiti da chitarre, basso, batteria, ma negli otto brani del disco si ritrova questo stile lirico lì dove lo avevamo lasciato.

Come il titolo lascia presumere, Femina è un disco incentrato sulla femminilità. La sua genesi deriva da una lunga introspezione dell’artista. Nell’ascolto delle storie di donne vicine, lontane, reali, inventate, e soprattutto nella scrittura. La maggior parte delle canzoni sono state composte in solitudine da Ginevra, e solo dopo hanno incontrato la produzione di Fugazza, Suorcristona e Domenico Finizio. Non è però un disco di isolamento, anzi, è un album collettivo: la voce di Ginevra dà molto spesso voce a tante altre protagoniste, molte delle quali non possono più farlo per sé.

L’apertura è affidata a My baby! È un brano manifesto del cambio di rotta nelle sonorità, una transizione netta e marcata in cui Ginevra prende le distanze dalla vecchia sé. Sembra un pezzo dei Blur, scandito dalle chitarre elettriche, un grunge-rock che si attenua solo in parte nello special. Poco dopo, nella scaletta, arriva cupido, un pezzo di Ginevra con la chitarra acustica, che a dirlo due anni fa uno ti prescriveva una visita dal medico, otorino o psichiatra a seconda. Il poker d’assi del disco è 30 anni. Un’ode al caos emotivo della fine dei vent’anni, cinematografica nella linea sfumata tra l’artista e la nonna Anna, entrambe presenti e protagoniste. Nel ritornello del pezzo torna il soft-clubbing arioso del disco precedente (niente synth però, ma basso e batteria), con le chitarre acustiche dello special che riportano al presente, e alla predominanza assoluta della musica suonata nell’album. "Resto sempre una bambina in trappola in mezzo alle cose da mettere a posto, non sono un leone ma a volte d’istinto ruggisco". Meno elettronica, più frasi che, se poi magari parlano di te, ti spezzano almeno in tre, se non in quattro (come la cassa).

Ragazza di fiume, una storia di sirene ambientata in un contesto fluviale, in coerenza con la narrativa più boschiva che marittima, esplora sonorità più rarefatte. Un brano alla Ethel Cain, con un outro rumoroso e ordinato, costruito sul togliere e sulla vocalità dell’artista, che nella prima strofa si districa su note che sembrano quasi strozzate, troppo alte, e invece è proprio la volontà di dare tutti i polmoni a queste storie. La title track è il pezzo più diretto e più arrabbiato. "Mi hai tolto la voce, ma ho un’altra occasione, qualcuno ti ha detto che esisto per dare piacere": così recitano i versi di un brano coraggioso, che parla di violenza, possesso, patriarcato nel senso più letterale, maternità. È una canzone di protesta in cui Ginevra è una portavoce diretta e sensibile. Negli otto pezzi del disco, c’è solo un featuring: La verità, con Colombre, una delicata ballata alla chitarra acustica dove l’artista marchigiano compare in punta di piedi, nelle seconde voci del ritornello.

Ginevra si è immolata alla causa con la sua scrittura delicata, diretta e profonda, e ricreando il suo mondo clubbing leggero anche senza l’elettronica, arricchendolo di chitarre acustiche e distorsioni. Ha creato dei piccoli spazi sonori rassicuranti, e ha pestato dove c’era bisogno di sfogarsi e correre a perdifiato. Ginevra ha saputo scrivere, comporre, suonare e poi cantare un album maturo, adulto, importante. Non male per una "bambina che si sbuccia ancora le mani sul cemento".

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La recensione Femina di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-01-24 01:19:00

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