Acqua Santa è un disco che nasce consumato, antico e contemporaneo al tempo stesso, il canto continuo di Francesco di Bella, tra l'ammissione di un amore che finisce, e una lingua levigata alla perfezione
Basterebbe l'ascolto della prima traccia, Che 'a fa?, per rendersi immediatamente conto che Acqua Santa, quarto lavoro solista di Francesco Di Bella, è un disco notevole, nella sua strana essenzialità, antica per i modi garbati, contemporanea per il raffinato lavoro di produzione, affidato alle mani di Marco Giudici. Che 'a fa è una traccia che sfiora i cinque minuti di durata, è un attacco micidiale, scritto da chi sa come si assembla un album dal principio, da chi sa bene che se la struttura nasce solida, poi potrà crescere in tutte le direzioni.
Ritmiche frenetiche, rulli che si sommano gli uni sugli altri, e la voce inconfondibile che ha reso speciali i 24 Grana che dialoga con un'altra voce, che sta rendendo speciale un altro progetto, sempre partenopeo, ma simbolo del contemporaneo, il nostro personale squarcio sul futuro, Alice dei Thrucollected. Che 'a fa è una gemma che danza e che si veste di amaro mano a mano che le parole si susseguono tra strofe e ritornello, finché non sono rimasti solo la mancanza da tenere stretta, e il sapore di bruciato del caffè.
L'essenza antica di Acqua Santa sta nella ricerca dei suoni, nella ricostruzione filologica di un sentimento, amore scordato, attraverso gli strati di chitarra, nel lavoro fatto con i fiati. Il jazz fa capolino e poi se ne va, lasciando a questi otto brani solo la parvenza di uno stile definito, e lasciando soprattutto tante scie, dolcissime nei toni, anche quando di dolcezza non ce n'è nelle parole. Si parla della concretezza dell'amore che spezza i cuori, che assume le sembianze di una montagna, invalicabile, mentre l'eco della voce di Colapesce aggiunge ulteriore amarezza in un brano da antologia, Stella che brucia.
Ogni brano di Acqua Santa sembra ritagliare i propri bordi per definirsi come un momento ben definito di un tempo che trascorre in modo naturale. Come se seguisse gli attimi di una giornata, i periodi della vita, o le stagioni di un'amore, l'andamento dei pezzi commuove per la sua irregolarità, per le ammissioni che Di Bella inserisce verso dopo verso, nella constatazione inesorabile, ma forse pacifica, che contro le ferite e i morsi di vipera si possono solo scrivere canzoni. O forse si tratta di autodifesa.
Il cantautorato di Francesco Di Bella impone di relazionarsi profondamente, con noi stessi, col significato delle stesse relazioni. Ci impone di essere guardati negli occhi, di non abbassare lo sguardo, nonostante tutto, nonostante il freddo e le "mmane dint''a sacca", di poter fare silenzio semplicemente per accorgersi della musica che è appena terminata. In un lavoro linguistico di levigatezza assoluta il napoletano di Di Bella diventa un suono poetico nitido e unico, riconoscibile nella sua asciuttezza. Acqua Santa è un disco che nasce consumato, dal tocco di tutte le mani che l'hanno sfiorato, volontariamente o meno, per sentirne la freschezza dentro un recipiente, per usarlo per una benedizione laicissima, o per coglierne una sola parola, "ammore".
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La recensione Acqua santa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-01-31 01:04:00
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