I ritmi serrati della batteria e la voce graffiata scandiscono undici storie di depressione e dipendenza, scritte con cura e immaginando come suoneranno dal vivo
I New Music Friday dei primi mesi del 2025 sono stati incredibilmente affollati, tra gli artisti di Sanremo che ogni anno diventano più numerosi, ciclici ritorni sulla scena e una miriade di dischi d’esordio. Sarebbe tuttavia un errore, o quantomeno un peccato, perdersi Altitudine, il secondo disco dei novagorica, band romana composta da cinque membri, che si muove tra rock, hardcore e cantautorato.
Arriva a due anni di distanza dal primo, Preghiera violenta, ed è figlio anche e soprattutto dell’esperienza maturata durante il tour che ne conseguì, che li ha portati a suonare in giro per l’Italia. Gli undici pezzi di Altitudine sono molto suonati, con outro che a volte sono urlati a squarciagola e possiedono passaggi che sembrano inni da cantare in coro. Come spesso è il caso per le rockband, è un disco che nasce per essere suonato dal vivo e che in quel contesto trova la sua dimensione ideale. I novagorica, però, svelano nell’album anche la loro vena cantautorale, che emerge nella scrittura ma anche in qualche scelta di arrangiamento più dark. E quindi Altitudine non è per nulla un disco che ha senso ascoltare solo dal vivo. La versione in studio è curata e permette di apprezzare certi dettagli che passerebbero in secondo piano nel momento in cui il pogo è fuori controllo durante un live.
La traccia di apertura dell'album, Piromani, è un ottimo biglietto da visita di quello che i novagorica hanno voluto creare. Parte piano, con qualche distorsione alla chitarra in sottofondo e un incedere ritmico che ricorda i Virginiana Miller, fino a quando la batteria si prende la scena e la voce sfocia nello screamo. I brani del disco parlano di depressione e di dipendenze soprattutto affettive senza filtri, e tutti gli strumenti sostengono i graffi della voce che trasmettono un forte malessere esistenziale, che riesce solo in sporadici momenti a trovare qualche spiraglio di speranza (in La prima volta, ad esempio, sei la mia redenzione arriva in un momento in cui risuona uasi escatologico).
La batteria scandisce serrata il ritmo delle canzoni che passano man mano che il disco scorre. Ci sono brani che ricordano i Siberia, nell’arrangiamento e nell’utilizzo della voce (Carne e saliva), c’è il ricorso ad immagini concrete, crude e iperboliche, che è tra i capisaldi dell’underground italiano (forse dovrei gettarmi in mare per ripulire i miei occhi da te, sempre in Carne e saliva, o ancora io e te due universi paralleli, se ci incontriamo è solo per implodere in Cannibali). A spezzare questo flusso martellante arriva Ottobre, intermezzo strumentale, seguito dagli ultimi tre brani in rampa di lancio. A modo loro, sono tre laiche preghiere pensate quasi come delle catarsi collettive, e hanno il pregio di riuscire a mantenere la soglia dell'attenzione di chi ascolta alta.
Il tour di Altitudine è partito da pochi giorni, e credo che sia chiaro a questo punto perché andare ad ascoltare l'album dal vivo sia un'ottima idea. Nel frattempo, però, c'è la versione in studio, dove cogliere le scelte lessicali, compositive e produttive dei novagorica. E in mezzo a tutta la nuova musica che ci bombarda da ogni direzione, questo disco rientra nella categoria di quelli su cui soffermarsi un po' di più.
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La recensione Altitudine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-03-15 16:28:00
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