L'ora precipita, e con essa il suono del tempo che si sgretola in eco e rumore.
Il nuovo lavoro di Valentini, Ruit Hora, è un monolite sonoro eroso dal vento del tempo, una cattedrale senza finestre in cui rimbombano riverberi industriali e pulsazioni elettroniche spezzate. Qui, il suono è un corpo vivo, un organismo mutante che si contorce tra la ruggine e il silenzio.
L'album si apre con una tensione palpabile, come se ogni nota fosse l’ultimo battito prima del collasso. La produzione è chirurgica, ma mai asettica: l'elettronica evocativa di Valentini si intreccia a suoni metallici, droni ipnotici e battiti che sembrano il battito cardiaco di una città abbandonata. C’è un senso di pericolo latente, un viaggio in un paesaggio post-industriale dove la luce è un miraggio e il buio un rifugio necessario.
Brani come "Lumen Fati" bruciano di una luminosità fragile e incerta, tra atmosfere taglienti e riverberi cavernosi. "Butano" si accende all'improvviso in esplosioni ritmiche, un’ipnosi di percussioni meccaniche e distorsioni liquide. "Metanoia" è un battito che rallenta fino a smaterializzarsi nel vuoto. Il viaggio prosegue con "Detentio", un requiem digitale e distorto in cui il tempo si contrae, fino a dissolversi nel silenzio.
Ruit Hora non cerca compromessi. È un'opera densa, inospitale e necessaria, che trasforma il tempo in materia sonora e ci ricorda, in ogni battito, che il futuro non è mai garantito.
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La recensione Ruit Hora di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-03-21 00:00:00
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