Un disco homemade, diviso tra lo-fi e punk rock, sul "grande niente" che siamo costretti a vivere ogni giorno
Tre pezzi è il didascalico titolo del nuovo mini-EP di the end of june, nom de plume dietro cui si cela Mario Vitale, cantautore nato e cresciuto artisticamente sul "triplice asse" Napoli-Londra-Milano. A pochi mesi di distanza da Mutuo, il suo esordio discografico in italiano, l'artista campano ritorna con un tris di pezzi che, nonostante mantengano intatta la loro natura homemade, risultano più "levigati" rispetto al passato.
Il risultato di questo parziale labor limae è un lavoro sì DIY (scritto, suonato e registrato da Vitale a casa sua) ma connotato da strumentali più "articolate" (ma legate comunque a filo doppio con il lo-fi) in grado di discostarsi dalla scarna delicatezza indie folk dei precedenti lavori, per abbracciare panorami più abrasivi, vicini sia al punk dei CCCP che alla new wave degli Hiroshima Mon Amour.
Brani viscerali, decadenti come un zona industriale della Brianza, nei quali viene ritratta una serie di immagini di trascurabile mediocrità, equamente divisa tra freddi e angusti bilocali affittati a prezzi cari come il fuoco (Termosifoni), regolari episodi di analfabetismo emotivo (Come le sirene) e bianche finestre che si affacciano su anonime città di provincia (Ringhiera).
Tre pezzi è un EP genuinamente crepuscolare, in grado di ritrarre in maniera romanticamente disillusa il "grande niente" vissuto da milioni di ragazzi succubi della noia e del senso di instabilità che si annidano sia tra i viali delle grandi metropoli che nelle villette a schiera dei piccoli paesini di provincia. Un placido lamento suburbano, in grado di confermare il talento di the end of june nel descrivere con disincantata poesia il banale piattume del nostro presente.
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La recensione Tre pezzi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-04-04 00:00:00
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