Un’apertura che prende alla sprovvista. Un attacco in contro piede che proprio non ti aspetti.
Così inizia il nuovo lavoro della Famiglia Rossi, uno di quei gruppi che non mi sono mai stati sconosciuti ma che ho sempre confuso con altri nomi, più o meno affini nel suono e nell’anima. Confusione che ti mette in testa strani pregiudizi ben prima di infilare il disco nel lettore – la solita minestra? E invece. E invece la traccia 1 è una ballad deliziosa o, meglio, le aspettative erano così diverse che quasi la scelgo come pezzo della giornata. Mi chiedo se la stessa canzone, inserita in un disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti, avrebbe avuto la stessa considerazione. E mi rispondo che probabilmente sarebbe sulla bocca di tutti. Inoltre, visto che i maligni rimproverano spesso questa testata e i suoi collaboratori per atteggiamenti snob e a prescindere sprezzanti verso tutto ciò che è reggae-folk-ska-pachtanka&co, mi decido per l’imparzialità e metto da parte critiche già pronte da scodellare.
“Uffa Uffa”, il secondo pezzo, continua a convincermi. Bene. Con amarezza, poco dopo, scopro che è una cover, l’unica presente nel disco, di Edoardo Bennato. Riletta in chiave punkeggiante, con i fiati che già suggeriscono un poco di quell’atteggiamento ska che avevo in testa prima di concentrarmi sull’ascolto. Non mi do per vinta, appoggio la causa che lo stesso Bennato sposava in questa canzone anni fa (No alla guerra del petrolio. E su questo siamo tutti d’accordo) e vado avanti. Ahimè, arriva un pezzo come “Wanda” e i miei buoni propositi vanno a farsi benedire: Wanda che guidi la Panda ti ho visto alla Standa…Lisa che usavi la Visa per fare la spesa in coda con me, musicato su un canovaccio un po’ rock ‘n’ roll anni ’50 un po’ folk allegro che dovrebbe farti ballare e divertire, ma che, onestamente, anche mia nonna avrebbe definito ‘già sentito’. Simpatico, orecchiabile, leggero, che mica possiamo sempre crogiolarci nell’ansia e nella tristezza, ma noioso. Uguale a se stesso come molti altri pezzi del disco, che si fa ricordare con fin troppa facilità grazie ai coretti, ai fiati, ai giri di basso semplici semplici, ai fraseggi di chitarra già inseriti in mezzo a tanti di quei classici del roots. Che poi, di reggae ‘sto disco c’ha solo una traccia (e neanche troppo purista, perché intramezzata da un improvvisato cross-over), “Tienila spenta”, che potrebbe funzionare benissimo come singolo per l’estate.
Nonostante le citazioni a Jannacci, le digressioni del sociologo e speaker di Radio Popolare Alessandro Amadori e la buona volontà dei musici, la seconda parte di “Famiglia Rossi VS Tutti” è decisamente inconsistente e debole. Pezzi che si assomigliano troppo e sono troppo simili a lavori già sfornati da gruppi come i Matrioska, per citarne uno. E anche se in mezzo c’è del sano funk o un’altra ballata come “Sai che c’è”, l’impianto generale non regge.
Sicuramente agli aficionados della formazione lombarda piacerà, ma ricordiamo che siamo nel 2007. E se non è proprio la solita minestra, è qualcosa che gli assomiglia molto. Dunque, non dite che siamo snob: non si tratta di storcere il naso a priori, né di essere fighetti nell’animo. Si tratta di valutare con coscienza una proposta musicale che, non sembra affatto convincere. Tutto qua.
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