Sembra quasi che certi dischi lascino impronte dietro di sè, tanto è naturale ed immediato seguirne il percorso. L’album dei siciliani The Second Grace è uno di questi: piccoli passi che calpestano erba di un giallo bruciato, sorta di versione calda e sfatta di sole delle passeggiate nella neve di Ant, incrociate ai ricami sopraffini del primo disco di Polly Paulusma e a qualche eco di Ben Harper.
Pop fatto di chitarre acustiche e sussurri, capace di insinuarsi sotto la pelle per farla rabbrividire: è il caso della tripletta iniziale, che, con equilibrio e grazia rari, mette sul tavolo tutte le carte in mano al gruppo. Il merito maggiore del disco è quello di riuscire a creare un’atmosfera ben precisa con elementi semplici; un intimismo musicale che non può che riflettersi in testi legati ad esperienze minime e personali, nella maggior parte dei casi a sfondo amoroso (come la più nota del lotto, “Antanarive”).
A fronte di tutto ciò, perchè non un Primascelta? Semplicemente perchè tutte queste qualità perdono forza nell’ambito di un ascolto prolungato: le suggestioni evocate si mantengono limpide nell’arco di una manciata di canzoni, finendo invece per sfocarsi ed elidersi sulla lunga distanza.
Futilità, in fondo; perchè i Second Grace fanno il loro dovere sotto il sole pomeridiano, trascolorando una luce accecante che appiattisce ogni cosa.
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