Naked Musicians
A Sicilian Way of Cooking Mind 2007 - Sperimentale, Jazz

A Sicilian Way of Cooking Mind

Sono stata iniziata al jazz proprio con “Caravan” e “A Night in Tunisia”, nelle versioni di quei due tre nomi che, se li citi, non sbagli mai - Wes Montgomery, Charlie Parker, Miles Davis.

Ora questi standard faccio fatica a riconoscerli, perché me li ritrovo in un unico agglomerato in cui si sovrappongono, s’intrecciano, si dissolvono, si sciolgono uno dell’altro. In mezzo, voci non identificate da palinsesto radiotelevisivo d’altri tempi e suoni di ogni tipo; ad un tratto partono addirittura basi simili a quelle delle tastiere da pianobar su cui puoi intonare qualsiasi canzone.
Questa è un po’ la sintesi del progetto di Francesco Cusa, jazzista siciliano che abbiamo già ascoltato alla batteria in "Slow Food", altro esperimento nato in seno al collettivo dell’Improvvisatore Involontario. Cusa ha riunito una ventina di musicisti della sua isola (tranne il trombettista Pittau, che dal cognome intuite da soli da quale altra isola viene) e ha fatto un esperimento paradossale, cioè dirigere improvvisazioni. Lui stesso lo ha definito un “sistema non convenzionale di direzione”: niente spartiti, ma simboli creati ad hoc, lanciati a professionisti del genere, insieme con avvocati, informatici, rockettari ed aficionados vari. Il risultato è composto da otto brani che solo un aggettivo come free potrebbe descrivere, rivelandone tutto e niente.
Si tratta di improvvisazioni di stampo jazzistico mischiate a suoni di ogni tipo, assoli di chitarre arrabbiate, progressioni inquietanti di violini e sampler, fraseggi di trombe e sax, accelerazioni di batterie e deliri di contrabbasso. Capita anche, tanto per fare un esempio, di passare da un’allegra schitarrata country a due minuti di puro swing: dal saloon al club da sottoscala pieno di fumo, per intenderci. Su questo marasma sonoro, inoltre, s’impiantano voci narranti con la erre moscia che parlano di ‘oggettivazione dell’opera d’arte’ o che consigliano i passi da compiere per un buon mixaggio.
A chiudere, ci si diverte a riconoscere canzoni come “Arrivederci”, “Cuore matto”, “Parole, Parole”, “Margherita”, tutte avvitate una sull’altra, accerchiate da bulloni fatti da violini e dai tasti più acuti del piano.
Cusa, che ha suonato anche con gli Zu, potrebbe essere anche matto da legare, e questo è il commento più spontaneo al primo impatto con il disco. Ma se fate finta di avere sotto gli occhi “Unisci i puntini” della Settimana Enigmistica, vedrete come in questo gioco improvvisazione fa rima con libertà e con jazz. Forse, anche con cacofonia e destrutturazione. Sicuramente con distorsione.
Non è sperimentazione a tutti i costi, molti dei nomi di cui sopra hanno fatto anche di peggio; qui provano solo a cucinarci la testa, alla siciliana. E ci sono riusciti benissimo.

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