Come ritrovarsi in un fienile. Così, all’improvviso. Non servono trucchi, spostamenti o magie: è sufficiente ascoltare i Legendary Kid Combo ad occhi chiusi. Lasciando correre l’immaginazione è facile sentire la paglia sotto i piedi, l’aria infuocata dai balli del dopolavoro, l’odore della terra sulle mani, i vapori alcolici e le ventate di sudore e birra. Quasi viene voglia di alzarsi, saltare e sorridere, anche se soli in una stanza.
A questo punto il fienile e la sua gente mancano davvero, perché i Legendary Kid Combo non sono un gruppo da ascoltare nella tranquillità di una stanza o di fronte ad un tramonto. Sono da ballare, con foga e poca grazia. Sono una festa country. Con brani scatenati come “Dead city”, “The cock is going mad” o “Don’t stop the rhythm”, in cui le corde molleggiano e vibrano come non mai. Naturalmente non manca il banjo, ma nemmeno i fischi e una voce sgolata e sguaiata decisamente rockabilly. Il sapore è quello dei Pogues e di un Hank Williams più sporco ed agitato.
Radici irlandesi dunque. Radici che si estendono fino all’America, ma che poi fanno una virata, superano l’oceano una seconda volta e tornano nel vecchio continente. Prima con “Where I’ll go”, cover di “Che sarà” del portoricano José Feliciano, diventata famosa grazie alla partecipazione al Festival di San Remo negli anni Settanta. Infine sono le radici italiane ad emergere, con una ghost track dal chiaro accento padano, che risulta però un divertissement all’interno di un album dal gusto estero, a cavallo fra il contry e il rockabilly o, per rispettare il volere degli autori, un album cock-a-billy.
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La recensione Booze, Bucks, Death & Chicks di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-07-18 00:00:00
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