Finalmente un italiano vero. Si dice che la tradizione melodica italiana sia nata da una costola del melodramma, spettacolo teatrale in cui gli autori-attori narrano vicende attraverso il canto. Francesco Camattini è uno che racconta storie. O meglio, è un canta-storie. È degno della miglior definizione di musica italiana che si possa dare. O di quella che, invece, non si può. Perché qui non è proprio possibile chiudere questi dieci brani nel semplice genere cantatoriale.
L'album, paradossalmente, si apre con "Fine della storia", una ninna nanna tra le più dolci con tanto di Cenerentola e Biancaneve. Già entriamo in un mondo fatto di immagini e suoni che si servono della potenza evocativa della parola per prendere forma. Il pianoforte richiama il jazz nostrano alla Paolo Conte. Il paroliere lo avvicina alla genuina profondità di Francesco De Gregori. "Il poprato" è tra il folk e lo swing: a me ricorda le canzoni di Fred Buscaglione che riempivano la casa quando ero bambina. Riferimenti fuori tempo, intramontabili. Camattini ha un'intelligenza sottile e uno stile personale che lo aiutano a distinguersi. Le trombe e il contrabbasso regalano un'atmosfera anni Quaranta, le percussioni africane portano in vacanza e rendono lui ancora più simpatico. Il complesso lo aiuta ad arrivare dentro ancora di più.
Se "la verità, ti prego, sull'amore" riecheggia tanto Auden, "non mi è dolce il naufragar" profuma di Leopardi. Sono le parole di questo professore di diritto. Chi l'avrebbe mai detto, anche loro hanno un cuore.
È un lavoro di grande livello. Adatto a giornate autunnali. È un album pieno di colori e di storie. A tutti i fortunati che avranno la pazienza di ascoltarlo lascerà un segno positivo. E italianissimo.
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