Come dei Den Van Stanten più quadrati. O come delle Au Revoir Simone più imbastardite. Si dirà: il pregio dei primi è l’essenza surreale, delle seconde la pulizia e l’eleganza. Vero, ma per una volta variare l’elemento stilisticamente più forte di un riferimento non porta a risultati negativi. Tutt’altro, perché questo primo dischetto del Sig. Solo è quantomeno interessante: semplice e volutamente sgangherato, ma senza dubbio personale, basato su suoni di tastierine assemblati in autonomia e su testi non elementari. I venti minuti scarsi si rivelano durata perfetta, evitando la monotonia e rivelando un lavoro intelligente. Beninteso, niente di geniale o da strapparsi i capelli, ma una manciata di canzoni che meritano di essere ascoltate e che promettono bene. L’auspicio è che il disco non rimanga un episodio estemporaneo e isolato, perché con una maggiore dedizione e progettualità il Sig. Solo potrebbe sorprenderci.
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