Sfogliando i mezzi di informazione ci si accorge che questo disco di esordio dei Mughen sta attirando molte attenzioni e parecchie critiche positive; ma è un interesse che, personalmente, giudico un po’ esagerato e non completamente suffragato da un adeguato spessore artistico.
Trovo, infatti, che si stia dando eccessiva rilevanza alle precedenti esperienze dei componenti la band (in particolare la passata appartenenza di Andrea Moscianese ai Giuliodorme) e ad alcune loro celebri “frequentazioni” (Tiromancino e Daniele Silvestri) perdendone di vista le reali potenzialità.
Potenzialità che sono quelle di un gruppo al debutto che deve ancora focalizzare una precisa dimensione espressiva, ma è, tuttavia, capace di esprime degli incoraggianti “vagiti”.
Le dieci canzoni proposte, infatti, annoverano episodi interessanti incentrati su una piacevole fusione tra pop, rock ed elettronica: un po’ ruffiana, ma che restituisce l’idea di un intrigante medley tra ritmo e melodia.
Emblematiche in questo senso “Resistenza” (che si distingue per il suo tagliente testo: “Nella terra dei buoni c’è lavoro per tutti…”), “Timbro a secco” (brano che rimanda ai tratti espressivi degli Elettrojoyce), “Eri una cosa mia” e la scoppiettante “Brucio”: canzoni caratterizzate da ottime strutture sonore e da liriche intriganti e credibili.
Per contro alcuni pezzi paiono poco convincenti: nebulosi come “Stella gialla” o sconfinanti in un pop lezioso (ed a tratti fastidioso) come “Kora”.
Il bilancio rimanda al discorso iniziale, e cioè che i Mughen sono un gruppo al debutto che, pur supportato da buon talento, deve ancora trovare una sua stabile definizione. E, soprattutto deve decidere cosa vuole fare da grande: l’“alternativo” (sonorità ricercate e profonde) o il “conformista” (pop-rock orecchiabile)? A tratti, ora, l’equilibrio stilistico è troppo labile ed alla lunga rischia di scontentare tutti.
---
La recensione Dal centro della terra di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-03-13 00:00:00
COMMENTI