Interno notte. Cerchi l’interruttore, il neon fissa una luce pallida sui colori vividi della stanza in cui ti sei risvegliata. Alle finestre tendaggi pesanti, fuori risuonano i rumori della strada, la pioggia sollevata dalle macchine, qualche clacson. Fissi il tuo volto nello specchio, inquieta, qui non sei al sicuro, hai un déjà vu, è la memoria che lentamente restituisce alla rinfusa i pezzi di un puzzle oscuro. Cammini per le quattro camere dell’ambiente, ti siedi sul letto, la testa tra le mani: bussano alla porta, il cuore è in gola.
Siamo al primo paragrafo di una interessante sceneggiatura scritta dal trio capitanato da Marco Bianciardi (ex Elton Junk, ex Caboto), tra new wave chiaroscurale, voce dalla magniloquente posa dark (su tutti, Bauhaus), improvvise scudisciate Birthday Party e un’atmosfera tesa che convince di più quando si punta sullo scarto improvvisato. Li vorrei più misteriosi, più sporchi, più cattivi. Ma per ora va bene così, un buon inizio.
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