"Bambini e bambine! Accorrete numerosi! Questo è il nuovo album di Fibra!". E scappa un rutto. Sincero. Le produzioni di Big Fish, Nesli, Amadeus, Dj Nais, Dj Mike, Mastermaind e Medeline, sono di ottimo livello, internazionale. Il suono anche, esce potente e pulito. La voce è piena e intonata. I testi sono semplici e comprensibili, come le metriche. Potrebbe andare a Sanremo. Al festival del trash anziano farebbe faville. Sarebbe l'unico motivo per cui varrebbe la pena guardarlo, il festival. Insulti per tutti. E tutti che applaudono. Sarebbe bellissimo. Quasi meglio che abolire Sanremo per sempre, o farlo presentare da "una cicciona, con un cazzo di nano gay, nero…".
Fabri Fibra è un bugiardo. Parlarne bene è come ammettere di essere uno sfigato disadattato, che di rap non ne capisce niente, mainstream fino al midollo, senza alcun ideale, che anela solo a cocaina e puttane: "le foto, le donne, le scarpe, gli occhiali, le maglie, le moto, le macchine, i bracciali, le feste, i locali, la faccia sui giornali". Ascoltare il suo disco è come guardare in tv un servizio sull’omicidio della studentessa Erasmus a Perugia. Cronaca nera. Morbosamente invitante. Si vogliono sapere tutti gli indizi, le dichiarazioni, i colpevoli, gli avvocati, le crisi mistiche, le sostanze, le scopate, le lame. Crimine. Morte. Scandalo. In Italia. "Dove fuggi?". Ce lo meritiamo Fibra. Ed io me lo ascolto. Di nuovo. E ancora.
"Puzza di morte il successo per questo piace, stendo dal balcone la bandiera della pace, eppure vedo il male in questo mare di immigrati, è perché m’hanno messo il panico degli attentati, che per la maggior parte erano tutti inventati, ma l’importante è che ci siamo spaventati. Partito scelto? Bin Laden, mi piaci! Io sono il più pazzo, ragazzo, ringrazia la Fallaci!"
È un album da sfogliare con le bave alla bocca, come con il peggiore dei tabloid. Cinico, egocentrico, e incazzato nero. Monotono e noioso. Tutto fatto. Senza alcuna speranza per il futuro (ma c’è anche di peggio, dai…). Senza alcuna emozione. Forse ironico, forse no. Luoghi comuni che si sprecano, ma che nessuno osa affrontare. Con molto di più di quello che sembra trasmettere. Lo schifo è dare ragione a Fibra. Non il suo disco. Il suo disco spacca. Cattivo gusto e cadute di stile una dietro l’altra. Perfetto. E Metal Carter che si chiede “Ma stare al mondo in fondo, in cosa consiste?”, lascia un silenzio dentro che non ha soluzioni.
Erika, Omar, la Franzoni, Lapo, Aida, Tommy, la Falchi, Calissano. I preti che toccano. Le troie. I contratti di lavoro che non esistono. La città che ingoia. L’amore in cui è sempre tutto da rifare, e un’altra occasione non c’è mai. La politica che non esiste, ma la mafia si. La droga (?) come antidoto alla vita. La società che si autodistrugge con un sorriso in tv. Occhi chiusi, tutto bene. Occhi aperti, cadiamo nel vuoto. E tu, “non dirmi che non lo sapevi. Sapevi".
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