Il miglior trucco per combattere il tedio delle grigie giornate invernali è iniziare fin da ora con le pulizie di primavera e riportare in vita i relitti in fondo ai cassetti. Non sono i consigli della buona massaia, quanto piuttosto la formula d’esordio dei Granturismo, impegnati nello spolverare la musica di sempre e darle un lustro inedito. Da Luigi Tenco a Sergio Endrigo, l’album di debutto della band romagnola si muove su sentieri conosciuti, fatti di suoni che paiono già sentiti. Senza tuttavia generare una stizza di nausea annoiata, avvolgono ogni singolo brano in una familiarità che rincuora e rasserena. Che fa sentire a casa e “La tua casa è dove sei felice”, tanto meglio se dentro vi si ascolta buona musica. La dolcezza della ballata “Gospel in giugno” si intreccia con lo spirito più graffiante di “Tutta Lucciole”, arrivando ad evocare corse in campi di grano in “Prendo fiato”.
Sono solo canzonette italiane, ma se ciò significa cimentarsi in una prova cantautoriale condita con assaggi rock’n'roll di prima generazione, bisogna solo esserne fieri. Il vero merito sta nell’aver gettato lo sguardo lontano dai limiti di spazio e tempo. Ascoltarli significa aprire la mente ad un pantheon colmo di memorie musicali, dal poetico Fabrizio De Andrè ad un maestro d’oltralpe, Serge Gainsbourg. E i cori in “E’ troppo tempo che corri” azzardano il pensiero fino ai Beach Boys.
Gridare a gran voce che si sente profumo di capolavoro è ancora immaturo. Di sicuro l’aroma, come quello del miglior caffè italiano, c’è.
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