2008, la voce oscura e suadente di Lilith torna a vibrare: e torna proprio con quel concept album di cui ormai si erano perse le tracce circa un anno fa. Lilith, uscita viva dagli Anni Ottanta insieme agli storici rockers Not Moving, si circonda di amici per le registrazioni di un disco che dovrebbe riportare l'attenzione degli ascoltatori sul blues delle origini, su certi suoni "tribali" che decenni di lifting rock/pop hanno via via snaturato (non esclusivamente in senso negativo, sia chiaro).
Ma non solo: accompagnata dagli eleganti Sinnersaints, Lilith affronta un repertorio di classici che dall'inno carcerario da lavori forzati "Hammer Ring" raggiungono la canzone francese Anni Quaranta (l'ansimante jazz di "Autumn Leaves" architettato con François Regis Cambuzat, che riprende "Les Foilles Mortes" di Jaques Prévert), passando per piovosi dub notturni come la splendida e originale "Core Of The Time" (con il polistrumentista Giovanni Ferrario), fumettosi tango ("Secret Rendez Vouz", scritta da Tav Falco) e slapstick blues ("Cousin Martino", con gli ex compagni di viaggio Dome De La Muerte e Lady Casanova) per chiudere con l'omaggio forse un po' telefonato (ma ben riuscito) alla cantastorie romana Gabriella Ferri di "Grazie Alla Vita". E ancora cover proto-punk di un pezzo Anni Sessanta dei fantomatici Beat Merchants ("Pretty Face", con Stefano Pibio Silva dei Temponauts alla chitarra) e degli Stooges (il traballante e sinuoso singolo "I Need Somebody") a ricordarci che, dopotutto, Lilith ha un animo dolcemente costretto a sanguinare.
E se l'interpretazione autoriale di Lilith appassiona per grazia e intensità (la sua voce come un filo rosso sangue che scivola tra la sensuale monotonia di Nico e l'aplomb nero di Marianne Faithfull), le sorprese vere arrivano con le canzoni inedite scritte per lei da tre gruppi italiani: il voodoo blues maledetto di "Mumbo Jumbo Talking Blues" (ad opera del Santo Niente), l'estasi grondante stupore di "Something Happens For The First Time" dei Julie's Haircut (qui veramente in splendida forma) e la ripresa del noir baleristico "X O Dos" a cura degli ottimi Peluqueria Hernandez, su cui Lilith recita addirittura un testo in dialetto. Tre canzoni dal piglio molto attuale, ma che si sposano perfettamente con gli umori di un album complesso, dalle mille sfaccettaure e difficile da raccontare, che scorre nervosamente placido regalando emozioni forti, soprattuto durante certe notti, quando la macchina viaggia e con lei i nostri pensieri più nascosti.
Un lavoro molto ben bilanciato quindi, che non solo segna il ritorno di un'ottima interprete, ma che dimostra come la musica importante italiana goda, almeno artisticamente, di un ottimo periodo di forma: e per chi di voi non ha mai sentito Lilith cantare, questa potrebbe essere una scoperta ancora più preziosa. Tredici perle nere, tutte per voi.
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La recensione The Black Lady And The Sinner Saints di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-04-24 00:00:00
COMMENTI (1)
un cd da ascoltare in macchina, per fingere di essere persi in un deserto tra il Messico e l'Arizona, per fingere che cantare così bene sia davvero semplice...