Non è vero che il post rock è un cadavere a passeggio tenuto forzatamente in vita da “anemici che piagnucolano dentro ai riverberi” (cit.). Questi sono solo pensieri piccoli che rendono la pelle putrida e le orecchie sorde. E di fronte agli apriorismi c’è poco da fare. Vaglielo a spiegare che non è così. Che basta avere qualcosa di bello da dire. Che il tipo di linguaggio è soltanto un mezzo per veicolare emozioni. E quelle non hanno etichette né patenti in grado di contenerle. E allora azione, per favore. Ché c’è un signor disco da ascoltare. Le chiacchiere, al solito, stanno a zero.
E pazienza se userà arpeggi ancora più abusati di una battona di periferia. “Action, Please!” dei Kobenhavn Store è il classico esempio di usato sicuro. Quasi la versione 2.0 dei Giardini Di Mirò. Post rock, pop, elettronica. Un po’ alla maniera dei 65daysofstatic. Con qualche retrogusto shoegaze, vago memento di un passato da acerbi eroi sotterranei del dream pop, e un mare di ospiti che pesano. Tra tutti, spicca la rauca emotività di Alessandro Raina (cantante degli Amor Fou e in passato voce per la band di Jukka Reverberi), che con “We Came Down From The North” sembra essere testimone di un passaggio di consegne tra GDM e KS, e soprattutto l’ugola maestosa di Jonathan Clancy (Settlefish, A Classic Education), un piccolo miracolo di potenza ed eclettismo, perfettamente aderente alla sfuriata chitarristica di “Ants Marching On”.
E anche quando la band perde le corde vocali per seguire alla lettera le indicazioni del post rock il risultato è bello, frizzante e, ancora, emotivo. “Gardens V3”, con il suo ritmo saltellante, e la conclusiva “The Cold Season”, con i suoi suoni in reverse, sono puro stereotipo in tonalità minore, fatto però come dio comanda. La presenza dei numerosi ospiti, dunque, non droga il disco e non annebbia la capacità di giudizio di un gruppo che fa qualcosa che fanno in tanti. Però meglio di tanti. Molto meglio.
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