Sapere che qualcuno abbia ancora il coraggio di scrivere queste canzoni alimenta la speranza che il nostro Paese non sia avviato al fallimento culturale e ci sia ancora spazio per chi non ha appeso il cuore nell'armadio. È così che Paolo Benvegnù è ormai diventato piccolo eroe per i sogni di modernità della canzone d'autore italiana. Per quel suo modo di trarre in salvo le parole e farle diventare gesti. Per il suo carisma nel sovrapporre la tensione del rock alla purezza di una poetica italiana. “Le labbra” è il racconto di uno scontro tra nuda realtà e nascosta emotività. Collisione tra dentro e fuori. Non più le scene fragilissime dei fatti interiori, non solo accenni e suggestioni. Stavolta Benvegnù urta gli oggetti, prende a spallate le persone, discute con l’ambiente, litiga con Dio. Rende fisico il suo ipersensibilismo, diventa pesante. La tensione aumenta, il battito scalpita. Non demolisce il suo credo poetico, ma lo rafforza costruendogli una corazza nuova ed estendendo la profondità semantica. E diventa ancora più denso. Non per tutti forse, perché paradossalmente il suo limite è proprio l’eccessiva concentrazione di significati, ma sicuramente per tutti coloro che vogliono esplorare piani di ascolto diversi ed attendere pazienti di capirli tutti. Eppure questo disco in fondo è semplice, nonostante l’ermetismo di fondo. Scorre lieve al primo ascolto, anche se rivela la sua completezza solo nel tempo. Undici canzoni diverse, ma unite da uno stile artistico diventato quasi un marchio. Canzoni eleganti come sempre, forse più arrabbiate. Magari un po’ pesanti per ascolti sulla lunga distanza.
Rispetto al passato, Benvegnù lascia meno spazio alle supposizioni e afferma con più decisione, affrontando anche le problematiche dell’amore con meno sfumature e più fermezza. E musicalmente si conferma tra i migliori in circolazione. Anche stavolta la vena pop si manifesta nel pathos dei ritornelli e nei loro controcanti, ma è l’animosità rock delle chitarre a sospingere i brani e dare impulso alle finezze degli arrangiamenti, tra archi, pianoforte e colori strumentali sparsi ovunque. Su tutto c’è la teatralità narrativa di una voce che sa scheggiare l’anima in profondità. Non tutto è bello in questo disco, ma tutto ha un motivo, un impulso che lo giustifica. E’ un lavoro che ha un senso dall’inizio alla fine. Coerente con un’identità cantautoriale che ormai si può considerare punto di riferimento per un certo modo di scrivere canzoni, nonostante il grande pubblico sia ormai destinato ad ignorarlo. E pur se ogni tanto la normalità lascia trapelare il mestiere, restano quei momenti di scrittura inarrivabile, magnifica. Date fiducia a Benvegnù e lasciate che i vostri sogni vi esplodano negli occhi.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.