Musica sciolta, vera, armonica. Musica che parla, e che parole. Musica italiana. Rimbalzi sospesi sul grande palcoscenico del rock, a volte più puro, quasi plastico nella sua ruvidità, altre più contaminato da escursioni pop e melodie limpide. Ogni brano è il ritratto di un’ora, piccole immagini momentanee e instabili. La canzone che meglio trasmette questa sensazione si intitola proprio “Ore” e narra la storia di un’illusione che continua a crescere. Illusione che, anche se non ci viene detto, forse alla fine se ne andrà. E’ una band così, di quelle che rischia di fare colpo sulle ragazzine, ma anche di lasciare qualcosa di sostanzioso al pubblico più esigente, che la musica la sente con le orecchie ma la ascolta con il cuore. Per essere più tecnici e meno poetici, le chitarre fanno un bel gran casino e anche tutto il resto funziona bene: basso, batteria e voce non si invadono, si accompagnano su tonalità che potremmo definire Negramariane, ma sarebbe riduttivo cercare un paragone in giro. Speriamo che non siano solo “petali di rose gettati al vento come secondi preziosi”, tanto per citarli. Auguriamoci che dai semi di rock che hanno piantato nel loro terreno, crescano fiori più duraturi.
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