Un’atmosfera notturna e fumosa per un rock che avanza sotto mentite spoglie. I tre ragazzi bergamaschi lasciavano il dubbio con il loro nome, bone uguale osso, di essere il gruppo metal dell’underground cittadino. Il sound che sgorga è sì oscuro e rarefatto, ma carico di atmosfere noir e perfetto sottofondo a storie di gangster piuttosto che di vergini suicide. Dichiaratamente ispirati ai Morphine, cercano di emularne gli aspetti migliori e peculiari, riuscendovi a fasi alterne. Rinnegando la lingua madre, la scelta verte in modo naturale sull’inglese, perfetto nella pronuncia scolastica ma disinglesizzato nel suo aspetto tipico di patchwork. Niente da dire sulla composizione strumentale con la scelta ben riuscita di un organico a tre tra i più stravaganti. La batteria cadenza i tempi del dialogo acceso tra il sax baritono e il basso. Nei momenti di maggior ispirazione, non manca il pensiero al sommo Tom Waits.
E quando tutto sembra finire e si è pronti di nuovo per il sax incalzante dell’apertura di “Zoo Babylon”, ecco la traccia fantasma. Quella che si spera di trovare, che fa stare incollati allo stereo fino alla fine, e anche dopo. “Zoo” è un lavoro a tratti cupo, ma fluido.
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