Faturismo, titolo geniale seguito da un inquietante (scopri il Fatur che c'e' in te), seconda fatica solista del nuovo corso di Fatur, e', come prevedibile, un disco non certo facile da assimilare: all'inizio un certo senso di stordimento e' inevitabile, persi tra la fedelta' a certe aree semantiche tipiche dei CCCP, anche se gestite con esiti nettamente diversi (in Trabant punk si viaggia tra Berlino, Bratislava e Cracovia continuamente aggiornati da Fatur sui comunicati di Radio Moscow che diffonde notizie sulla progressiva scomparsa dei piu' telefonati motivi d'orgoglio sovietici), l'affresco di pianura emiliana affogato nel liscio di Walzer della mietitrebbia, la travolgente Madame Mercedes (che, perdonate il passaggio pesantemente soggettivo, ascoltata da un maranellese-per-forza decisamente poco reattivo (anzi) all'unica ragione di vita del paese e' apparsa come un meraviglioso inno antiferrarista), il West delirante di Slim F 87 o l'incipit di Sul sofa', che, illuminato da una tromba deliziosa, sembra un pezzo dei La Crus passati dalle romanticherie desolate e sostanzialmente platoniche a qualcosa di decisamente piu' concreto. Via via che le canzoni continuano a scorrere (e piu' che mai negli ascolti successivi al primo) emergono invece nette le linee portanti di un lavoro che, nonostante tutto, non manca certo di una notevole compattezza costruita intorno al dichiarato binomio tematico donne/motori, alle solidissime radici emiliane (evidenti ben oltre i frequenti richiami alla geografia, alla nebbia e all'anima della gente che abita la pianura delle quattro province tra Parma e Bologna) ed al background non certo prescindibile (anche se non ingombrante e ben digerito) dato dalla militanza nei CCCP Fedeli alla Linea.
Fatur si muove in piena liberta', suscitando le ire sterili dei puristi del bel canto e continuando a tenere viva l'attenzione di chi invece e' disposto a prestare ascolto alle attente riflessioni a tutto campo dell'ex Artista del Popolo Italiano, non di rado capace di infilare versi efficaci (a volte ottimi), a testimonianza di una lucidissima capacita' di osservare prima e sintetizzare poi, andando senza scrupoli a toccare argomenti originali o abusati (su tutti il sesso) con risultati il piu' delle volte significativi e senza forzate ricerche di trasgressione fine a se stessa. Sotto alla voce pompano spesso incalzanti le basi di Era, che in linea di massima non fanno gridare al miracolo, ma hanno comunque il merito di lavorare sistematicamente in modo funzionale al risultato complessivo, anche quando l'"electro-dance-punk kosmica" (autodefinizione efficace, per quello che valgono le etichette) si sposta su terreni molto vicini alla disco piu' radiogenica.
Undici pezzi tutti degni di nota (Lady London il migliore?), senza riempitivi prescindibili: nell'insieme un disco completamente riuscito, che sembra costruito appositamente per spaccare critica e pubblico tra supporter sfegatati e detrattori violenti ed irrecuperabili dopo solo mezzo ascolto. Fidatevi: i secondi, anche se non se ne accorgeranno mai, si saranno persi qualcosa.
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La recensione Faturismo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2000-08-27 00:00:00
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