Circa due mesi fa, all'uscita di un concerto di Paolo Benvegnù, incontro un mio amico, un grande fan di Cesare Basile. Mi dice che ha sentito su Myspace "Canto Dell'Osso" e che ad ogni ”mi hanno ucciso all'acqua di vento per tre piume di pavone" è scoppiato a ridere. Per lui non ha più senso, nel 2008, parlare ancora di caprai, di sacrifici e di pavoni. Precisa che non sa nemmeno com’è fatta una piuma di pavone. Non posso dargli torto.
In effetti i primi ascolti di “La Storia Di Caino” sono contraddistinti da questo pregiudizio: è un disco antico/anacronistico, del tutto incapace di descrivere gli anni che stiamo vivendo. La musica, però, mi piace molto: perlopiù calma, distesa, sognante, come se il suo unico compito sia contemplare e riprodurre la bellezza. Vengono quasi completamente abbandonati il rock desertico e i valzer acidi presenti negli album precedenti. C'è ancora l'ombra di De Andrè – si sentono i rimandi a "La Buona Novella" – ma anche quella sua forma personale che Basile, da "Gran Calavera Elettrica" in avanti, ha maturato.
Da subito le mie preferite sono “Sul Mondo E Sulle Luci", "19 Marzo" e “Per Nome”: tutte e tre dall’arrangiamento scarno, con la voce appoggiata al piano o alla chitarra e poco altro. Dopo si aggiungono "What Else Have I To Spur Me In To Love" – davvero bella - cantata da Robert Fisher dei Willard Grant Conspiracy. E “Maria Degli Ammalati”: un canto tradizionale molto confortante, è la giusta conclusione per un disco pieno di dolore.
Poi mi concentro sui testi: Caino è rabbioso contro Dio perché l’ha rifiutato – apparentemente – senza motivo. Cristo e la Samaritana. Gli agnelli/figli sacrificati. Il Naviglio. Storie vere e personaggi riconoscibili. Piccoli racconti passati/moderni. Si parte dal pozzo di Giacobbe e si arriva ai bar di Milano. Dove ci sono donne che Cesare ha amato e che adesso si pente di aver abbandonato o di aver allontanato. Un continuo cercare/chiedere la meraviglia e poi vederla andare via. E quindi la parola fede assume un significato diverso: riuscire a conquistare le cose veramente importanti e tenerle strette per stare – finalmente – bene.
Non si può rimanere insensibili a queste canzoni, che hanno una vita loro, che soffrono e si incazzano ed esigono attenzione (come Caino ha fatto con Dio uccidendo suo fratello). “La Storia Di Caino” è un disco umano. Racconta bene il nostro tempo, forse in maniera confusa – e ovviamente senza uno scopo storico/sociale - ma ci riesce. Non bello come "Closet Meraviglia" e molto più difficile di "Hellequin Song" ma certamente necessario per la carriera di Cesare Basile. E’ un altro ottimo album e lo conferma come una figura fondamentale del nostro cantautorato. Dispiace che non abbia ancora tutta la popolarità che si merita.
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La recensione Storia Di Caino di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-05-05 00:00:00
COMMENTI (2)
Concordo.
E grandi musicisti:arrangiamenti sublimi.
Ciao Marcello!
massimo rispetto. e ogni disco è sempre migliore del precedente