Sikitikis
B 2008 - Rock, Crossover

B

Dal deserto del Tiki alla giungla. Due luoghi dai quali tentare la fuga. Fuggire dalle insidie dell’arido deserto e poi cercare di guardare al di là degli alberi della giungla. I Sikitikis si rituffano nel continuo cercare il proprio “luogo” dove potersi realizzare. Nel 2004 usciva “Fuga dal deserto del Tiki” e ora è il turno di “B”, avente come sottotitolo “Il mondo è una giungla...per chi non vede al di là degli alberi”. “B”, per citare chi sta in seconda linea, dietro, in ombra, ma che osserva ed è pronto a scattare come un felino, per sopravvivere nella giungla, per cercare la salvezza riuscendo a vedere al di là degli alberi. E parlando di giungla, l’intro musicale non poteva che essere un breve inciso tribale (così come la chiusura è un industrial-tribal-dance ispirata a Wu Ming). Poi dieci tracce che compongono la seconda prova discografica del gruppo cagliaritano naturalizzato torinese. Di casa a Casasonica, dove è stato registrato e mixato il lavoro. Nel famoso quartier generale dei Subsonica, e si sente. Alcune tracce sono proprio – e forse troppo - in subsonica-style (“L’ultima mano” soprattutto, ma anche “Piove deserto”, ballatona che al sottoscritto ricorda in qualche modo anche “Angelo della nebbia” di Ligabue...).

Il secondo capitolo dei Sikitikis è decisamente più vario, gradevole, compatto e convincente dell’opera prima: laddove “Fuga dal deserto del Tiki” alternava tracce belle ad altre più insipide, qui le cose si fanno decisamente più mature, consapevoli e piacevoli. L’hard acido di “Little Lu”, che sfiora l’ambito Cult di “Sonic Temple” o il crossover deciso di “Rosso sangue”, che cerca ispirazione nei nostri Ritmo Tribale e più in là nei vari Red Hot Chili Peppers e Faith No More. Sembra di ascoltare i Fratelli di Soledad più sporchi e cattivi in “Al primo colpo”, mentre dopo qualche secondo di “Onde concentriche” viene da dire: “minchia, i Litfiba!”, per poi scivolare nei meandri dark-gothic nell’evoluzione del brano. Sotto tono “Perdere rivincite” e “Mi avveleni il cuore”, mentre convince la cover di “Storia d’amore”. Dopo la Mina di “L’importante è finire” nel disco precedente, ecco l’altro asso della musica italiana, monsieur Adriano Celentano, coverizzato in una danza tribale particolare e trascinante.

A dispetto della crudezza mostrata nei live, i Sikitikis in studio giocano con le manipolazioni sonore: molte sfumature, molti suoni. Mancanza di coerenza, di una linea ben definita, o semplicemente voglia di sperimentare apertamente? Questa seconda etichetta mi piace di più. Questi sono i Sitikitis. Non annoiano, non lasciano indifferenti. Spiazzano, che piacciano o meno riescono a smuovere qualcosa. Una pienezza di suoni e idee che costringe all’ascolto attento per poterli captare tutti. D’altronde siamo stati avvisati, dobbiamo saper vedere al di là degli alberi...

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