Cinque anni dopo l’ultimo lavoro, tornano i Three Second Kiss. Che assieme agli Uzeda sono i migliori in Italia a maneggiare il noise. Fa un certo effetto sentire un disco così. Che toglie di prepotenza tutta la ruggine da quelle dissonanze acrobatiche che negli anni Novanta furoreggiavano nella terra di mezzo che separa le orecchie dalle casse dello stereo e che negli ultimi anni sembravano sul punto di soccombere al peso di un passato troppo grande e di un presente dalle tinte sbiadite.
“Long Distance”, pubblicato dalla neonata Africantape, è la presa di distanza dei Three Second Kiss dalle mode. Il trio, che vede ora Sacha Tilotta (figlio di Agostino Tilotta e Giovanna Cacciola degli Uzeda) alla batteria, naviga controcorrente, olia di nuovo le vecchie armi e sfodera un disco che rielabora, raffinandolo ulteriormente, l’approccio cerebrale e ossessivo di “Music Out Of Music”. Ciò che cambia è il contenuto che “Long Distance” porta in dote. Stavolta si ragiona un po’ meno in svisate e improvvisazioni e un po’ più in compattezza e potenza. C’è il blues malato di “This Building Is Loud”. C’è l’assalto sonico della splendida “Deviationism”. C’è il noise rock primigenio della conclusiva “Guess You Bless This Mess”. Ormai, la presenza in cabina di regia di Steve Albini sembra essere più un contorno che altro, vista la capacità della band di saper governare da sé il caos e incanalarlo nei propri pezzi senza che questi diventino un grande e noioso casino.
Quello che lascia un po’ di amarezza è che alla fine “Long Distance” rappresenta più una restaurazione che una rivoluzione, a differenza di ciò che è successo con gli ottimi album precedenti. Il risultato è buono, ma non quanto era lecito aspettarsi. E quando ti chiami Three Second Kiss e hai alle spalle una storia e una discografia notevole è molto facile che il buono nel tuo caso sia quasi una delusione
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La recensione Long Distance di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-04-28 00:00:00
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