E mentre mangio rimasugli di cereali e frumenti integralmente integrali in un pomeriggio pigro fin troppo domenicale, ascolto I giocattoli di Clara… di ché? Di Clara, quella insomma. Giocattoli di anonima natura, certo. La confezione del disco di un rosa confetto ispira un trash-core di quelli belli pompati. Eppure, tranquille tranquille, se ne vanno sei tracce che non sono sicuramente male, ma che poco aggiungono a quanto ho già sentito finora. Tutto sommato ci muoviamo in continenti hc, di quelli molto molto cantabili, di quelli che più melodico (punk-rock californico) proprio non si può. Io subito sparo a zero e dico che il punk-rock, personalmente, lo escludo sempre a priori, perché è musica che non sta né di qua né di là (ah, che superficiale, direte). Comunque I giocattoli di Clara ci sanno fare: una bella batteria che la velocità dell’hardcore ce l'ha tutta, strutture musicali ben sistemate, distorsioni (addirittura) vagamente metal, interferenze ska, e l’orecchiabilità di un genere aperto a possibili contaminazioni. E in effetti il gioco dell’happy hc è proprio questo: aprirsi a braccia tese verso deviazioni di percorso nel mondo del paraculo sonoro più estremo. Ma sorridiamoci su, ché fa parte del gioco, ché se una volta i gruppi nascevano con lo scazzo nevrotico dei Germs ed arrivavano vecchi in radio con ritornelli per quattordicenni in cerca di personalità, oggi si fa il contrario, ché ci piace vincere facile insomma. Quindi ok ok... viviamocela tutta quest’avventura pseudo punk, coscienti, però, che non ci sia nulla di nuovo.
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