Nei pezzi di Yuri Beretta puoi trovare di tutto, dall’intuizione geniale alla banalità, passando per ritornelli killer e brani che scivolano senza colpo ferire. Tutto o niente, insomma. Fatto strano, questa reazione è provocata non da un disco estremo e sperimentale, ma da un lavoro di puro pop. Beretta è bravo, lavora contemporaneamente sul registro riflessivo e su quello ironico, stando bene attento a non cedere a nessuno di essi, mantenendosi viceversa in un territorio di incontro e scambio. Nascono così pezzi lenti e piegati su se stessi come l’iniziale e dolce “L’acqua” o la pensierosa e ponderosa “Nel volo” (“è solo nella perdizione e nel ritrovamento / l’emozione di vivere davvero”), e pezzi più pimpanti e obliqui come “Tokyo” e la filo-Bluvertigo “Depress yourself”, passando per “Innamorati stipendiati”, che invoca a gran voce sussidi per sostenere il coraggio di chi si innamora. Ho citato i Bluvertigo, ma non sarebbe male tirare dentro anche quelli che un tempo erano i giovani cantautori della scuola romana, ovvero il terzetto Gazzè, Silvestri, Fabi e il figlioccio Pinomarino, con l’ultimo a fare capolino più dei primi. Insomma, calderone ampio, che avvolge e culla, ma che si raffredda non appena schiacciato il tasto stop. Per quanto mi riguarda, è stato questo il destino del disco di Beretta, fisso da mesi nel lettore mp3 e più volte riscoperto e ridimenticato: una volta fatto partire, ti prende per mano e ti accompagna fino alla fine senza deviazioni laterali. Ma appena terminato l’ultimo pezzo, la magia scompare e paradossalmente non viene voglia di ripeterne l’esperienza. Ciò che manca è la capacità di inserirsi nella memoria a lungo termine, per tornare in testa anche quando si lava l’insalata o si attraversa la strada. È in fondo l’assenza di questo tassello a segnare la differenza tra un lavoro di alta qualità e un grande disco pop: realizzato il primo, a Beretta tocca tentare la scalata al secondo.
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La recensione La Forza di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-07-14 00:00:00
COMMENTI (3)
Quello che invece è accaduto a me è proprio il contrario. Non conto le volte in cui mi sono trovata a riascoltare questo disco, a canticchiarlo, a ballarlo, a scoprirmelo in testa nei momenti più disparati.
Credo che dipenda dalla sua geniale capacità di raccontare con autenticità senza essere pesante, scontato o melenso.
Anche in questo lavoro, come già nel precedente "Fluori" con i Genialando, non smette di affascinarmi il suo originale modo di giocare con le parole e di conquistarmi la solarità e l'entusiasmo che le sue canzoni trasmettono.
Ascoltarlo è stata fin dal principio un'esperienza di un'intensità raramente eguagliabile.
Divertente e dissacrante, romantica e dolce, catartica e rigenerante.
Vai ad un suo concerto e finalmente ti accorgi che il cantastorie di turno non cerca di aderire ad un modello, recitare una parte o fare esercizi di stile, ma prova a mostrare ciò che in quel momento gli sta accadendo.
E così credo che alla fine serva a poco giudicarlo, inquadrarlo in un genere o paragonarlo banalmente a chissà chi altro.
Fatene personalmente esperienza e godetevi queste gocce di semplicità.
grande Pons!!!!meno male che ci sei tu..anch'io lo seguo da allora..qui trovi qualche brano: myspace.com/yuriberetta
l'ho seguito quando era con i genialando, anni fa. qualche suo pezzo di allora ancora lo ricordo a memoria... yuri, carica qualche brano che voglio sentire un po'!