“Che cosa ci fai a Daytona?” chiede Gionata a bruciapelo. La partenza spiazza per tema e approccio diretto. È la prima e non l’ultima volta. Il disco precedente di Gionata era pieno zeppo di passaggi che si incollavano in testa con brillantezza, logico aspettarsi la stessa cosa nel nuovo lavoro. L’impostazione del nuovo album, invece, è sensibilmente diversa e passa per una sorta di semi-concept, sempre che un termine del genere possa avere un senso. La metafora automobilistica torna più volte lungo le dodici tracce, insinuandosi nell’electropop con un giusto equilibrio che evita invadenza o impalpabilità. La presenza di questo filo rosso porta ad un ascolto che necessariamente si fa meno frammentario ed episodico e più legato ad un approccio globale al disco. Partendo da quest’ottica, l’album mette in evidenza anche il proprio limite più grande, ovvero una discontinuità qualitativa tra le tracce. Dopo un’ottima cinquina iniziale Gionata si perde un po’ per strada, smarrendo l’incisività che solitamente lo contraddistingue e segnando il passo soprattutto con l’occasione sprecata di “È poco pop”, l’enfasi fuori tono di “Non calpestate le fate!” e una vaga sensazione di supponenza, che a tratti sconfina dall’autoironia per caratterizzare con troppa forza l’ascolto. Alti e bassi: non è il disco pop dell’anno, ma Gionata si conferma affidabile, intelligente e portatore di una sana poetica surreale e stimolante.
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La recensione Daytona di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-02-29 00:00:00
COMMENTI (2)
già d'esser bravo è bravo ...ma con troppi alti e bassi!:)
Chi è questo Gionata?
Ho ascoltato i promo del precedente lavoro. Poi, qualcosa di Daytona da myspace (profile.myspace.com/index.c…). Non è male, per niente.. Interessante. Che ne pensate?
"Non compro mai hamburger dai pagliacci, chi ride sempre non è mai felice.."..
Vabbè dai, non è la frase migliore, mi ha solo colpita..