Lo ammetto: dopo la separazione dai Quintorigo, aspettavo al varco John De Leo per verificare se la solita teoria relativa all’alchimia unica e irripetibile che si crea all’interno di un gruppo di persone sia ancora valida. Non che tale teoria serva come modello esclusivo, ma spesso è utile per spiegare situazioni tipiche dell’essere umano; e la vicenda musicale di John De Leo (e di rimando dei suoi ex-compagni), non fa che confermare i presupposti.
Se infatti ogni singola opera della band risalente a prima dello “split” ci lasciava a bocca aperta, di certo non possiamo affermare la stessa cosa all’ascolto delle produzioni successive di entrambi le parti. Per cui, se di coloro che hanno mantenuto la ragione sociale del progetto abbiamo avuto già modo di raccontare, per quanto riguarda l’ex-vocalist l’occasione ci è data da “Vago svanendo”, la prima vera e propria prova discografica. Che, diciamolo subito, non stupisce secondo le aspettative, anzi a tratti quasi disturba nel suo voler essere fuori dai canoni; ad esempio in episodi come “Canzo” (seppur un chiaro divertissément) o “Freak ship” (sperimentazione fine a sé stessa), che ci paiono veri e propri riempitivi - pur con tutta la voglia possibile di andare oltre che alimenta l’estro compositivo del ravennate e lo caratterizza fin dagli esordi.
Decisamente più interessanti quei brani in cui De Leo sembra raccogliere meglio dei suoi ex-compagni l’eredità del progetto madre; quindi applausi quando è il momento di “L’uomo che continua”, delle filastrocche “Bambino marrone” e “Tilt”, e della (a livello di arrangiamenti) stoneriana “Sinner”, mentre promuoviamo con riserva la title-track (la cui interpretazione ricorda l’ultimo Capossela), “Spiega la vela” (con chari rimandi a Paolo Conte e a tutti i proseliti possibili dell’avvocato), e “Le chien e le flacon” (costruita su un azzeccato arrangiamento di fiati). È evidente perciò che il talento in fase di scrittura ci pare più una qualità tipica del protagonista di questa recensione che degli ex-compagni; ciò non toglie che sia ancora lontano dal partorire un capolavoro degno della fama che lo contraddistingue, per cui rimaniamo comunque fiduciosi in attesa del prossimo passo.
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