Da'namaste
in2i 2008 - Rock

in2i

Il dilemma è scespiriano. Essere o apparire. Osare o riposare. Suonare o imitare. Un dualismo problematico. Come nel caso dei Da'Namaste. Praticamente una coverband degli Alibia. Di più. Quasi un progetto nato con righello e squadretta. Come se la creatività fosse una semplice questione di stile. Da studiare, vivisezionare, imitare. Ma il fatto è che la musica non è una scienza esatta.

La presenza di Massimo Bonelli (cantante degli Alibia) in cabina di regia si sente. Gli intrecci strumentali raffinatissimi, le voci dialoganti, i testi malinconici: tutta roba già sentita dal gruppo di "Tra Tutto E Niente", peraltro anch'essa tacciata di suonare come se tentasse di raccogliere il testimone dagli Scisma. Ma gli Alibia avevano dimostrato di avere quello che ancora manca ai Da'Namaste. Le canzoni. Che, oltre ad arrangiamenti di chiara derivazione Benvegnù, avevano una gran forza e bellezza. E che per questo funzionavano – e funzionano – bene. Nonostante le affinità sonore delle quali si diceva.

I Da'Namaste, invece, si limitano ad approcciarsi ai loro padri putativi con un timore quasi genuflesso. Sono poco più di controfigure. Assimilano lo stile ma non fanno il passo in più. Brani pop da manuale, nel senso di formalmente ineccepibili. Come per le distorsioni pesanti di "Per Nulla E Tutto" - un caso esemplare dei danni che certo rock in italiano ha lasciato in eredità alle nuove generazioni – o per l'esistenzialismo a buon mercato di "Mira Le Cattedrali" ("Il nostro vegetare non è eterno, adesso ci aspetta un Nuovo Mondo di piramidi nucleari e di palazzi paradossali").

E sì che non mancano gli episodi più convincenti ("La Pancia Dei Pesci", "Lieto Fine"). A dimostrazione che le belle canzoni riescono a mettere in secondo piano persino il più palese dei già sentito. Se i Da'Namaste allora prendessero in mano il proprio destino e compissero un necessario e coraggioso parricidio artistico potremmo goderne tutti. Altrimenti corriamo il rischio di considerare la musica moderna come un supermercato della creatività dove c'è posto per tutto. Tranne che per la meraviglia.

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