Per prima cosa c'è il suono: un suono caldo, curato, avvolgente. Le parole migliori con cui descriverlo sono quelle che Paolo Pallante usa per presentare la sua orchestra: "è favolosa e sorridente e quando suona non ce n'è per nessuno", e sono uno spettacolo, veramente, non è solo una questione di nomi (e le biografie cercatevele altrove). Dici "jazz", ma pensi anche al sudamerica, pensi a Conte, a Fossati, a Testa, ma anche al Capossela di "live in Volvo". E poi "pop", inteso come popolare, nelle ritmiche, nell'andatura sciolta e piacevole con cui procede la melodia.
Non è facile farla scorrere senza sosta e senza cadute di stile per quasi un'ora intera. Pallante ci riesce, in questo disco dove il cantautore naviga sicuro come i vecchi marinai, spostandosi tra piccole burrasche quotidiane e stati d'animo contrastanti, con addosso una maschera da clown a tratti malinconica, ma più spesso dotata di un'allegria coinvolgente. C'è la scoppiettante "Sotto la sabbia", sipario aperto su una tragicommedia di amori ed egoismi, c'è "La sposa ha detto sì", per citarne un paio che mi hanno colpito.
La voce di Paolo è ruvida, corposa, recita mentre canta, e la musica trascina anche quando nei testi non arriva il guizzo che li renda me-mo-ra-bi-li. Forse quello della scrittura è l'unico punto in cui a volte sembra che manchi qualcosa, per disegnare meglio il contorno degli scorci di vita che si dipanano lungo il disco, per afferrare più stretta "la materia di cui sono fatti i sogni" (o, parafrasando il titolo, per andare più sotto al boccino).
Quello che resta a stereo spento è una sensazione bella, come dopo una passeggiata con un amico in una sera d'estate, quando l'afa lascia tregua e le parole cercano storie che hanno voglia di farsi raccontare. Alcune si dimenticano prima che passi la notte, molte ti restano in mente perché erano dolci, o ironiche, di un'ironia intelligente che non si prende troppo sul serio, e sai che le fischietterai per la strada, le racconterai a tua volta. O aspetterai un'altra sera insieme, e le prossime storie.
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La recensione Da piccolo giocavo a bocce di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-09-01 00:00:00
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