Secondo disco per gli Skrunch, importante ensemble catanese capitanata dall'infaticabile batterista Francesco Cusa (Switters, Feet of Mud, Nursery Four). Dopo "Psicopatologia del serial killer" datata 2005, è ora il momento de "L'arte della guerra". Aperto da un prologo e chiuso da un epilogo questo Cd contiene cinque ottimi lunghi pezzi. Il settetto è in stato di grazia e la musica composta da Cusa è ricca di notevoli invenzioni stilistiche, non solo jazz ma anche rock/afro-beat/classica/impro/rumori, tutto scorre con naturalezza nelle mani degli affiatati Skrunch.
Troppo facile accostare il loro lavoro a quello proposto dalla geniale mente di John Zorn con i suoi svariati progetti. "Escape from pussyland" è un funk caldo e avvolgente, lentamente arrivano i fiati e gli assolo di chitarre ad elevare il pezzo fino in cielo. Siamo appena all'inizio, "Quel giorno in cui J.J. Cale si svegliò senza una gamba" è incredibile, un ottovolante che macina di tutto e che si apre con una ritualità drone cara ai californiani Earth, per poi subire l'influenza funerea e straziante dei fiati di tradizione klezmer che poi lasciano spazio ai ritmi afro-beat. Come se fossimo nella Nigeria dell'immortale Fela Kuti. Si vede che da Catania l'Africa non è poi cosi lontana!
Anche nei successivi segmenti la scrittura di Cusa è un fiume in piena, linee guida e infiniti dettagli sono comandati e miscelati dal suo sapiente tocco ritmico, un vero trascinatore. Non c'è spazio per la noia. La nostra scena jazz più avanguardista continua a crescere. Grandissimi.
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