“Maggio Giardinaio” esce dopo i fluttui kuntziani del precedente ep “Aporia”. Lampano subito all'orecchio arrangiamenti e composizioni musicali trascinanti, tappeti di note e cori metafisici alla dream alt-rock di “Ok Computer”. Partono i pezzi, il cui scheletro di un pianoforte passionale percorre a meraviglia mondi di sensazioni private e di pathos; le chitarre con i loro grappoli ricostituenti allungano le melodie con leggerezza spesso post-rock, tenendo vivo e impellente il ritmo. I Drunken Butterfly formano armonie piacevoli, ben orchestrate, di colore grigio struggente. C'è spazio per gli assoli a fine traccia, per una collaborazione con i fratelli Severini degli storici Gang (voce e chitarra elettrica in “Polvere su polvere”), per le tastiere strascicanti, per il pezzo elettro-strumentale “Marcia dell'Europa” che, con emozionanti ascese di batterie elettroniche e melodie di piano, disegna soundtrack di persone inondate dalla luce.
Gli arrangiamenti conquistano, anche se il riferimento con i Radiohead si fa sentire non solo nelle basi ma anche nel cantato di Lorenzo Castiglioni. Inoltre, i falsetti barocchi e distonici non schizzano nervosamente alla Thom Yorke, ma con un noioso trascinarsi sillabano testi che non sono niente di che, soliti motivi di inquietudine e di dualismo anima/corpo trattati mediocremente; la voce che da toni bassi s'impenna in virtuosismi e melodie collassate, lenti e svenevoli è più che volentieri straziante. Tanto sono rimasta affascinata da alcuni passaggi strumentali, quanto il mio momento di estasi è stato deluso dalla parte vocale, non sussurrata come in “Aporia”, ma che non prende nemmeno una posizione forte e centrale come potrebbe essere ad esempio in un ambito cantautoriale. Vocals apart, da “Maggio Giardinaio” i Drunken Butterfly escono a mio parere come notevoli compositori e musicisti, con il loro particolare ed intenso stile dell'ebbrezza e dell'incerto.
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