Dischi per l’estate parte 4: Marocco. E poi Africa. E poi India. Passando per le due coste USA. Oppure AAA abbronzatissimi nella Barona, con il frigo vuoto a razionare il fumo, a prendere il sole in terrazzo a contare le ambulanze, a guardare le tipe degli altri e andare a male? Si, e poi “giù in Sicilia in Uno Diesel”. Tutto questo. E alla fine si vola a Marracash, nella savana di rime incastrate alla lingua di un milanese/siciliano, che a parole se la cava meglio di Bergonzoni, e nei fatti sembra pure. Il disco omonimo trasuda calore siculo e nebbia meneghina, gettando luce sulle periferie dell’impero Milano, nella galassia Italia dell’universo Mondo. Diciamo che a tecnica è al top, e come metriche pure. E i testi sono molto di più di quello che ci si aspetterebbe da uno zarro di periferia. E infatti Marra non è uno zarro. È un “mezzo genio” del rap. L’ha capito, stuprato e usato. E ora ci sta pure svoltando. Giusto. Se lo merita. Canta in modo nuovo, originale, in uno stile con parole a consonanti marcate, spezzate, ora rallentate, ora velocizzate, che stanno facendo scuola tra i rapper wannabiz, che non hanno i coglioni per inventarsi o usare qualcosa di proprio, e preferiscono copiare il più stiloso sulla piazza. Marracash, appunto.
Per il Principe della Barona il quartiere di provenienza è un punto di partenza, di fierezza, che crea forza e identità. Con il gusto di essere se stessi, di non vergognarsi delle proprie origini, famiglia, storia, ma di marciarci sopra (e Marra lo fa forse fin troppo, che a volte stufa…), prendendo la propria vita intera, con tutte le schifezze e i grammi assunti che contiene e farne il proprio unico e irriproducibile punto di forza. Puntarci tutto. Per non essere un prodotto dell’ambiente da cui si proviene, ma per fare in modo che l’ambiente sia un proprio prodotto. Dritto al punto, senza filtri, e con un immaginario da giungla molto forte, supportato dalla Gente Popolare e dalla gang dei Dogo, che a Milano vuol dire Bollino Blu. I pezzi migliori, con metriche e storytelling da Tate Museum sono: “Tutto Questo”, “La Danza Della Pioggia” ed “Estate in Città”. Poi ci sono i validi featuring: J-Ax e Guè Pequeno in “Fattore Wow”, Jake La Furia, Vincenzo Da Via Anfossi in “Quello Che Deve Arrivare (Arriva Arriva)” O’Luchè e ‘Ntò dei Co’Sang in “Triste Ma Vero”. Il tutto amalgamato con sintetizzatori grassi e beat scarni, in basi semi vuote pompate da Del e Don Joe, fatte apposta per lasciare spazio alle acrobazie linguistiche di Marra. E infatti funzionano, ma se ci cantasse sopra un altro, magari anche no. In definitiva, questo è disco da avere. Rap nuovo, fresco, fatto tutto da metriche e rime che gasano, intelligenti e abbastanza gangsta, per un hip hop pronto per le major (“mute”).
---
La recensione Marracash di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-08-01 00:00:00
COMMENTI