Sospesi tra cielo e terra. Qui, dove le nubi nere e le acque profonde si incontrano e si mischiano. In equilibrio tra il temporale e la mareggiata, dove il vento urla in faccia e non puoi neanche ascoltare i pensieri. Puoi solo guardare il vuoto dritto di fronte a te. Nebbia nera che condensa dentro la testa. Se respiro troppo forte, cado? Chiudi gli occhi, non pensare. Non pensare, cazzo. Respira piano, che la senti arrivare. Dritta allo stomaco. Come un pugno, e tu stringi le mani. Un'onda immensa e torbida, che trascina via tutto. La tempesta dei Devocka. Sporca, violenta. Rabbiosa. E lasciati pure trascinare via, perché non puoi combattere contro tanta forza.
Atmosfere compatte nei brani. Chitarre meravigliosamente aggressive, un basso ostinato e una batteria furiosa che legano bene. Scorre la potenza e la forza del sentimento in queste canzoni. Come un cuore a centonovanta. Come unghie che graffiano la pelle. Il magnetismo musicale e l'energia, che si fanno sentire nella voce disperata e sincera di Igor Tosi. La poesia di testi intricati ma sempre di grande impatto emotivo, spesso legati a temi sociali ben attuali, come nel pezzo di apertura "Piero". Storie borghesi. Una ricerca compositiva più matura rispetto ai lavori precedenti, in particolare per quanto riguarda l'ambito melodico. "Corri", come un magnifico esempio di impeto post-rock dove si corre verso l'alto, ma per lasciarsi cadere: "Il problema non è precipitare su un'instantanea mortale. Il problema è vostro: fate largo, là sotto. Fin qui tutto bene."
Ma anche le acque più profonde e scure, hanno un fondale dove i suoni aleggiano e si perdono tra le correnti. E la tempesta c'è sempre, ma rimane più lontana. "Pane" che riecheggia nel buio. Stilisticamente forse pretenziosa, la voce è teatrale. Sono solo sbavature. "Reazione/Azione" a compensare, come una perla grezza di esplosivo. Torniamo in superficie. "Altre 100 volte" è una chitarra che incanta. E il vento ora è calmo, e sibila. Sussurra al nostro orecchio, anche se intorno il caos di sentimenti non si spegne mai.
Si annega volentieri, ad ascoltare il vento che sussurra. Tra le acque torbide di questo disco. Di questo oceano sporco, a cui i ferraresi Devocka hanno saputo dare vita. Scavando tra CCCP, Marlene Kuntz e Massimo Volume. Guardando al Teatro degli Orrori, anche per l'ottima produzione di Giulio Favero. Come i Marta sui Tubi, ma più rabbiosi. Più sporchi.
Carisma, rabbia, composizioni originali. Un ottimo disco per questa nuova realtà del futuro panorama italiano.
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La recensione Perchè sorridere!? di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-09-23 00:00:00
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