L'hip hop che non s'incazza davvero, mi fa incazzare. Soprattutto se si continua a parlare di rivolta della parola, di suono che pesta e di microfoni che picchiano più forte di un manganello. Ma qui l'mc di Torino ha confezionato una bomba che non esplode. Intendiamoci: tutto ciò non significa brutto, ma dispiace non aver trovato la rivoluzione bensì tanta melodia e un sound già testato. Liriche limpide, vocalità schietta. E tanti singoli pronti alla rotazione via radio: "Brucia" inciso nelle linee reggae dei Rootscall, con rime ad incastro semplici e scorrevoli, "10 20 30" dal ritmo soft e cantato ammiccante. Principe sceglie uno stile conformista e diretto, allergico all'innovazione. Più pop che hardcore. Che porta la pistola ma non spara. Con un flow che non spettina. Ritornelli adesivi, beat più meticolosi e tanti featuring: alcuni pregiano i pezzi (vedi "E' tutto falso" e "Non c'è perdono"), li pregiudicano altre volte ("La mia libertà"). Rime affilate appena, senza il coraggio di spaccare. I testi, spesso autocelebrativi ("Mi pare"), toccano tematiche politico-sociali ("Spingo il rap" e la buona "E' tutto falso"). La rabbia tanto sbandierata resta solo un'intenzione. Che potrebbe esprimersi la prossima volta magari, con più decisione. E' vero che, come dice Principe, con le canzoni non si fanno rivoluzioni ma le aspettative erano alte in tal senso. Le mie. Quelle degli altri potrebbero essere state soddisfatte. Soprattutto chi ama l'hip hop classico e leggero. E chi lo ama, lo trova qua. E magari ci trova anche un bel disco.
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La recensione R-esistenza di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-09-29 00:00:00
COMMENTI (1)
E' evidente che la tua analisi è superficiale e priva di qualunque background musicale. E non parlo solo di rap, parlo di musica.
Se ti mancasse solo il background hip hop potrei abbonarti il fatto che non sai che i pezzi autocelebrativi sono paragonabili ad un assolo di chitarra per un chitarrista.
Ma il fatto che i ritornelli cantati siano per te un elemento sminuente l'impatto di una canzone, beh, dice molto del tuo spessore culturale.
La prossima recensione falla su qualche disco di De Andrè che effettivamente canticchiava un po' troppo...
Sei una grande.