D'accordo, di gente che suona così ce n'è davvero parecchia, forse troppa, vero anche che la soglia di saturazione di questo "genere" – che venga banalmente definito emo, screamo, o semplicemente rock - sta cominciando a mostrarsi all'orizzonte e a creare delle degenerazioni, ma a questo esordio non si può certo guardare con disprezzo. Il suono, registrato impeccabilmente, è di forte impatto, incazzato tuttavia non ci troviamo di fronte all'immediatezza e all'urgenza di un hardcore old school, qui la violenza sfuma quasi sempre in suoni più morbidi ed edulcorati, la ricerca della melodia è costante. L'atmosfera che pervade "Chronicles of a real world" è sofferta: una sensazione data dall'incessante alternanza tra i ritmi arrabbiati e sentimentalismo pop, e il gioco funziona quasi perfettamente. Dopo un primo ascolto distratto avevo la sensazione di avere a che fare con qualcosa di simile all'ultima, per me deludente, svolta nel suono degli AFI, in realtà questi ragazzi hanno le idee chiare e stanno cominciando a camminare nella loro personale direzione.
Il pregiudizio dovuto ad un immagine molto in sintonia con le mode del momento sarebbe un errore imperdonabile: questa giovanissima band possiede una tecnica nel suonare veramente valida e mostra grande convinzione nel confezionare un album che si impone per potenza e possiede una struttura solida, anche se qualche caduta di stile ogni tanto spezza la tensione.
Post Scriptum: per quanto mi riguarda l'album finisce dignitosamente con l'undicesima traccia, la chiusura affidata a due delle canzoni già incise in inglese e riproposte in italiano stona molto.
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