Ascoltare “Cianfrusaglie”, ultima fatica discografica del progetto Le cose dei Licianni (a cui si tributa una longevità ed una produttività davvero lontana più che inusuale rispetto alla band che recensico normalmente), è come fare un salto in quella cantina dove non metti piede da anni: a volte sotto strati di polvere ci sono oggetti da riesumare e valorizzare, ma spesso si tratta solo di gettare quel che è inutile. E da riesumare in questa raccolta di provini autoprodotti e one man band c'è veramente poco: le 15 tracce che fanno dell'eccleticità e delle influenze più diverse la loro ispirazione. Canzoni che restano ingabbiate in un'atmosfera che stenta a decollare, in omaggi e rivisitazioni poco credibili come l'audace (ma poco riuscita) cover elettro/synth di "Bella Ciao".
I testi, di una semplicità a tratti disarmante, non riescono a coinvolgere l'ascoltatore; “Co co co ca ca ca” soffre di forzature interpretative al punto che sfocia nella parodia dello stile vocale di Rino Gaetano, indisponendo ulteriormente chi sta prestando i propri timpani. Da rivedere anche gli episodi più acustici: “Richiesta poetica di adulterio nel Roero”, brano a cui è affidata la chiusura dell'album, presenta un tappeto melodico orecchiabile ma perde punti a causa delle sovrincisioni vocali, troppo invadenti e di qualità mediocre.
Le Cianfrusaglie di Le Cose dei Licianni non ha molto di salvabile, ma, paradossalmente, rappresenta un punto importante nella più che ventennale ricerca della giusta identità: abbiamo capito cosa riesce male, ora c'è curiosità di ascoltare qualcosa che suoni bene. Rimandato.
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