Poveri e abbienti. Cibo per squattrinati e ristoranti danarosi. Fanzine e coffe table books. Canzoncine per conigli e musica per benestanti. O meglio club esclusivi per benestanti che s'illudono di suonare musica che varrebbe quanto i loro splendidi portafogli. Ma. Gli assoli romantici al sax alto o tromba, il vibrafono, oppure la leggerezza elettrica di piano e bassline del terzo disco di Nicola Conte appartengono a chi se lo ascolta e no a chi paga il conto. Un suono non ha un peso monetario. Quasi non più e da nessun punto di vista. Non è un barile di trip-hop che misto a lingotti di jazz-funk dà chili di sperimentazione electro-fusion. Ormai è vivere e sopravvivere. Mangiare e abitare. Si, abitare sul Blue Note e passarci davanti, per esempio. Che è l'unica cosa che non costa. Ci sono entrato solo una volta, con gentile accredito, a vedere Billy Cobham. Perché va bene tutto, ma sentirmi la batteria di Billy Cobham sotto il culo proprio no. Certo che lo slogan resta "W il jazz a prezzi popolari", come qualcuno ha sapientemente scritto con lo spray affianco al noto jazz-club milanese (non sono stato io, giuro). La premessa diffusa è che quando parli di jazz parli di una cosa complicatissima, per esperti, una gigantografia di un mondo misterioso riservato alla casta dei sapientoni. Il Jazz è per gli appassionati di musica vera, mica l'indie-pop, quelli che sanno i nomi impossibili tipo Axelrod o Ritenour e tutti gli strumenti usati nei dischi di George Benson. Ma siamo veramente sicuri? Non è boria né vanagloria, ma la più grande lezione del nu-jazz è proprio lo svincolamento forzato dai presupposti accademici del genere. Nicola Conte ne è una prova. Ovviamente sulla scia di personaggi altalenanti, un po' jazz e un po' tutt'altro, la prospettiva di "Rituals" è internazionale appunto perché non si auto-impone nessun limite di raggiungimento. A tutta la gente. E non è un disco che si è banalmente venduto al Pop, come spesso succede in Italia anche per i progetti più nascosti. "Karma Flower" con la voce di Chiara Civello, sottile come flauto e arpa tra drums e congas, è il post-scriptum di "I know You know" di Esperanza Spalding, talento del basso, del sorriso e della sensualità free jazz degli States. Dubito che qualcuno definirà mai Nicola Conte come genio di qualcosa. Perché la genialità, sapete bene come la penso, è un momento rarissimo tipo l'orgasmo clitoridale di un piccione africano. Sicuramente "Rituals" ha una mente dietro e una progettualità coerente, matura e raffinata per quanto risulti urban e improvvisato. Di base però toglietevi dalla mente che esiste la musica per i ricchi. Nell'Italia fighetta in cui tutto è una lotta, sarebbe bello e necessario che Thievery Corporation o Gotan Project al pari di Lonnie Liston Smith sfondassero con leggerezza l'immaginario enciclopedico comune. In quel modo Jazzanova, 4hero, Cinematic Orchestra e mille altri personaggi entrerebbero più facilmente nel dizionario musicale generale. Di cui Nicola Conte sarebbe massimo rappresentante per noi (assieme a Mario Biondi). L'uomo di casa, a livelli non casalinghi. Il biglietto da visita con un set colto, coinvolgimento di leoni di nuoca formazione come High Five o Deidda Brothers e riflessi eccellenti sul broken beat londinese, ottima attitudine afro, senza estremizzarsi troppo in ambito jazztronica. Insomma le playlist di Gilles Petterson su BBC 1 Extra (settimana scorsa tanto per dirvelo suonava "The Nubian Queens" di Nicola Conte"). "Love In", "Paper Clouds" o "Red Sun", alcuni dei pezzi in cui ha curato parole e musica, sono poveri e abbienti. "Rituals" è per squattrinati, conigli e benestanti. Ad ognuno il suo portafoglio. Ad ognuno la sua bella voglia. Ad ognuno la sua più umile visione del jazz. E' semplice.
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La recensione Rituals di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-10-27 00:00:00
COMMENTI (8)
Ecco un novello Don Chischiotte che difende chiacchiere vuote e "strapagate" più simili a masturbazioni mentali che critiche letterarie; considerata l'inutilità e,sebbene non siano citate direttamente, appartengono di certo a quella memorabile lista di Bob Kennedy sul PIL malato
Enrico Ghezzi, nei suoi deliri da acido lisergico nelle nottate di Fuori Orario, in confronto all'autore di questa recensione, è la persona più comprensibile del mondo . . .
la domanda è sempre la stessa dai tempi di Goffredo Fofi : in questa critica si vuole realmente dire qualcosa o si tratta di una confusa autocelebrazione?
Ci si dimentica anche di "Nicola Conte presenta Rosalia de Souza ovvero Garota moderna", se ricordo bene.
mitico wad, dimentichi il perfetto Other Directions sempre di Nicola Conte edito dalla Blue Note. Consiglio a tutti gli appassionati del genere o a chi vuole conoscere davvero a fondo le potenzialità del buon Conte. :)
ma che cazzu ha dettu trappattoni?
ah ah no dai... io ho capito che nicola conte è un figo, che il jazz costa troppo ed è troppo legato ad una elite e che non dovrebbe essere così.
i pezzi son belli, è figo!
ma che cazzo dici? è una recensione inutile!