Da ragazzina, alla fine degli anni Novanta, adoravo una band italiana che col senno di poi avrebbe meritato di più. Facevano un punkettino adolescente ipermelodico, meno raffinato di quello dei Prozac + ma decisamente più ruspante. Si chiamavano Naftalina, uscirono per Baby records, il loro disco si intitolava "T.V.T.T.B." (non sto scherzando) e vendettero l'incredibile numero di trentamila copie, che per una vaccata del genere erano troppe anche prima del download selvaggio. Avevo tredici anni, la mamma mi diede ventottomilalire (e poi ci lamentiamo dei prezzi di oggi) ed ecco comprato il disco da registrare su una cassettina e poterlo poi sentire sul walkman a cassette mentre ero all'allenamento con l'istruttore di tennis. Poco dopo dei Naftalina non se ne parlò più: in tre anni il loro pubblico - compresa la sottoscritta - passò dai tredici ai diciassette e cambiò interessi e passioni. I "Nafta" si sciolsero. Avevano vent'anni scarsi, si divertirono per un po' e poi trovarono, si spera, altro da fare (anzi, lo so per certo: il batterista ora suona negli Hormonauts, chissà quanto va orgoglioso di quell' antica esperienza estremista).
Rimane il fatto che erano veramente carini. Ricordo con affetto un concerto dove c'erano almeno quaranta persone! Cosa c'entra tutto questo con i dARI? C'entra eccome. I dARI sono gli unici fieri eredi di quella storia. Ogni generazione reclama a gran voce la sua banda di riferimento e se stai frequentando la terza media, stai sognando il liceo per poter provare la tua prima "okkupazione", hai lo spleen ormonale alle stelle e non sai scrivere un'intera frase in italiano senza sbagliare doppie, pronomi e apostrofi hai trovato il gruppo che fa per te! I paninari avevano i Duran Duran, le squinzie dei Novanta i Take That e compagnia ballante, gli sgrammaticati preadolescenti di oggi i Tokio Hotel oppure, se sono vagamente federalisti, adesso possono avere anche i dARI. Ai posteri determinare a chi è andata meglio. Pettinature lussureggianti permutate altrove, chiome variopinte, piercing emovaldostano, vocabolario molto al di sotto del minimo garantito (sarà colpa del bilinguismo a statuto speciale della Vallèe di provenienza?), ortografia maldestra e produzione scintillante fecondamente assistita da un Eiffel 65 in vacanza spingono un singolo spudorato che contiene la rima del decennio: "il cellulare ce l'ho già spento perché per me sei troppo sbattimento". "Wale (tanto Wale)" porta con sé un video stroboscopico che soddisfa il desiderio di trasgressione di pischelli che pensano che trasgredire sia usare le "k" al posto delle "c" nei compiti a casa e leccarsi l'anello sul labbro davanti a una telecamera. Eppure non posso negarlo: c'è un fascino bastardo anche nella spazzatura, nei fenomeni nati con la data di scadenza ravvicinata, nell'orrore di un vuoto che non si ha vergogna a mettere perfino nel titolo del disco. I dARI fanno sembrare i Finley dei pericolosi sovversivi e Mondo Marcio un filosofo marxista, ma non se ne crucciano.
Sono idoli per ragazzine e se ne compiacciono. Il loro cantante ha ventotto anni (ventotto!), parla come ne avesse nove e se ne vanta. Perchè i dARI sono nati pronti. Nel prossimo tormentone dal titolo "Tutto Regolare" ("ciao raga, tutto rego?" l'aveva già usata qualcun altro) dicono: "E la scuola tutto regolare, il lavoro tutto regolare, lo space tutto regolare, l'i-pod tutto regolare e la mail non la controllo più". E poi parte un "rito" - che sta per "ritornello" in slang dARIco - che fa: "Chiedo scusa…". Ecco chiedete scusa, appunto. Anche se ci avete risparmiato un passato di cover del Liga alla festa dell'Unità di Quincinetto e anche se eravate iscritti al Sindacato Ospedalieri della CGIL (non ne ho idea in realtà, ma è bello pensarlo, visto che dARI/Dario, la voce del gruppo, ha appena mollato il suo lavoro da infermiere per darsi all'arte). Io in ogni caso chiedo scusa a voi, perché nella consapevolezza che 'sta minestra è fuori da ogni grazia immaginabile non riesco a farne senza. Se diventerò mamma a breve alle mie creature toccheranno, per mere conseguenze anagrafiche, quelli che saranno a loro volta gli eredi dei dARI. Non ci faremo mancare niente insomma. Il tour incombe e mi troverete ogni tanto nei camerini dei loro concerti. Sì, bravi, state lì adesso a sogghignare sulla mie debolezze ingiustificate per questa monnezza, stronzi nerdissimi che non siete altro. Ne riparliamo tra dieci anni, quando sui dARI ci farete i post sui vostri facebook del cazzo ormai obsoleti riportando 'sta robaccia a dignità di culto mentre ora ci sputate sopra dall'alto della vostra intransigenza elitaria, borghese, antipopolare e antiproletaria. Poi non vi lamentate se alle elezioni vince sempre quello là.
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