Tra riff e schitarrate blues, gli Andiedi, garage-band toscana, si rifugiano in continui richiami agli Stones e al rock-blues anni 60, puntando decisamente piu' al roll che al rock nella realizzazione di questo loro demo. Quello che viene fuori dall'ascolto dei sei brani che lo compongono è un disco piuttosto banale e ripetitivo, privo di ogni spunto sperimentale. Se con "Non completamente morto" si ricorda lontanamente, nel cantato e in una certa atmosfera, i primi Litfiba, con un sound che strizza un po' l'occhio agli anni 80, con la seconda traccia ci si ritrova piuttosto di fronte a un pezzo alla Tre Allegri Ragazzi Morti, con un testo facile e ai limiti del demenziale ("Sono giovane ma prima mi devo intossicare") in cui si ironizza su una certa immagine forzata di giovinezza. "Misogino Dandy" dà una piccola scossa al disco e lascia intravedere qualcosa di un tantino più interessante ("Ti vesti di nero per commemorare della civiltà il funerale"). Bisognerà attendere "Amplifon blues" per ascoltare qualcosa di decisamente meglio: una sbarazzina e godibile cavalcata blues con tanto di armonica a bocca, in perfetto stile americano. Il finale del disco, tra le pennate chitarristiche di "Silenzio" e qualche spunto vagamente psichedelico nell'orecchiabile serenata "666", aggiusta un pochino le cose. Resta comunque la delusione per la totale mancanza di contenuti nei testi e per una certa aria di stasi che si respira ascoltando questi brani. Insomma per dirla con le parole dei nostri "Chi grida fa solo paura, tanto vale rimanere in silenzio".
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