Dieci anni in più e non sentirli. Racchiudere le rughe dentro ad un quadro e, dimenticato lo scioglimento, risorgere dalle proprie ceneri. Come una fenice, come il Dandy per antonomasia.
I Dorian Gray dalla Sardegna riaffacciano lo sguardo sulla musica e sul continente con un album eccentrico, emblema della lunga pausa presa e carico di piccole bombe ad orologeria pronte ad esplodere da un momento all'altro. Dopo la raccolta di outtakes uscita nel 2005, finalmente un nuovo album. I dieci brani scorrono veloci senza nessuna caduta di stile, ma lasciando spazio ad un carismatico rock italiano di vecchia memoria marleniana. Un melodico psichedelismo cede al fascino di elementi acustici e struggenti, dalla tromba in "Crisalide" al violino nella traccia finale "Salomè". Le canzoni sussurrate accompagnano in un viaggio onirico verso una conoscenza socratica, attacchi pop e atmosfere noir sono il veicolo di parole forti che si trasfigurano in immagini all'interno del cofanetto, per uno sposalizio fecondo tra suoni e colori. A fare da testimoni d'eccezione alla cerimonia partecipano anche Giovanni Ferrario (è sua la chitarra in "Manicure") e Giorgio Canali, che presta il basso per "Non esiste".
Dietro ad una scorza impenetrabile e dentro ad un nero che pareva essere senza sfumature, in uno spiraglio di luce loro sembrano dire: anche i duri hanno un cuore.
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