Ci si aspettava molto da questi quattro gentiluomini partenopei dopo l'esordio di un paio d'anni fa: e loro cosa ti combinano? Si ripresentano alla porta con una bella pernacchia: ma guardali un po' questi signori, coi loro piedi scalzi, i calzoni un po' lisi dal viaggio e le bretelle, i cappelli di paglia, le margherite che fanno capolino all'orecchio e per le mani mandolino, ukulele, armonica, shaker e tromba.
"Let Me Be A Child" non è un titolo casuale: è un modo di vedere le cose a colori, e forse, più ingenuamente la vita. (Immagina: il sole splende già alto, sulla sedia a dondolo in terrazzo un gatto si stiracchia sornione. La vista da quassù è splendida: campi di grano luccicano d'oro fin laggiù, a quel golfo così blu incastonato da un vulcano che oggi sembra disegnato. Che giornata, non puoi startene in casa e t'incammini lungo gli scoscesi vicoli che scendono in città, senti il profumo del bucato steso che si gonfia al soffio della fresca brezza marina. La luce: questa luce ti mette addosso un'allegria contagiosa, tutto è così diverso da come lo hai sempre vissuto anche se tutto resta sempre uguale, che siano gli anziani con le mani dietro la schiena, le mille cappellette votive, gli scooter che non smettono un attimo di strozzare i loro clacson, le incadescenti tazzine del caffè che stringi tra le dita nel bar a colazione, tutto quel caos quotidiano che oggi ha un suo preciso ed inviolabile ordine sotto questo cielo e giù nel profondo dell'animo).
"Let Me Be A Child" è un album splendido perchè ridisegna quello che c'è già (il country folk americano) con una leggerezza e vitalità incontenibile: concedetemi un pizzico di retorica, ma chi poteva farlo meglio se non quattro musicisti napoletani? Non c'è un solo riempitivo in questa mezz'ora d'aria che si muove tra swing e scherzetti da marching band campagnola ("The Sea"), sorprendenti memorie quasi gospel ("I Can Do It My Friends"), delicate ballate per vibrati alla Devendra Banhart (magnifiche "Gipsy" e la mattutina "Kinderdijk" e ancora "For Never Ever You Blink"), sussulti folkadelici tra Violent Femmes e Langhorne Slim ("Let's Go Farmer", "Fever" e l'iniziale "Hay Rick"), vecchi e polverosi blues ritrovati in cantina ("Mr. Grape"). Ma oltre le assonanze e la filologia rimane il fischiettante e/o tintinnante invito alla gioia di un disco irrefrenabile, cosa che si intuisce già dalle bambinesche illustrazioni dell'ottimo Roberto Amoroso: e se poi apri il libretto del CD, puoi anche leggere la frase "All Your Dreams Are True"... Come da piccoli, ricordi?
(E di ritorno dalla tua rinfrancante passeggiata mattutina cerchi con lo sguardo la torta di mele che tua madre aveva lasciato lì a raffreddare sul davanzale. Ma dov'è finita? Eccola laggiù, che saltella tra le piante di granturco insieme alle risate di queste quattro romantiche canaglie senza meta: ma sei felice di aver accettato il loro invito ad uscire ed a perdere, per una volta almeno, adulte certezze).
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